Nessuno, prima di lui, ha festeggiato le nozze d'argento con il Mondiale GP. Valentino Rossi è il solo ad avere tagliato il traguardo di 25 anni di corse, fatti di più di cento vittorie, di gioie inenarrabili, momenti difficili e perfino giornate nerissime, passati senza pensare che un giorno questa lunga storia d'amore dovrà pur finire. Il suo cuore continua a battere forte per la moto, la respira, la assapora ogni giorno, e sotto sotto scalpita ancora il ragazzino che si affacciò al mondo dei gran premi nel marzo del 1996, con più voglia di farsi strada che timidezza.
Era un debuttante carico di speranze, al pari della sua squadra, messa insieme per lui e Luca Boscoscuro (in 250) da Giampiero Sacchi. «Vidi Valentino in azione nel campionato Europeo, che nel 1995 corse alcune prove in concomitanza col Mondiale - racconta il team manager di allora -. Mi piacque, ma da lì a mettere su un team per portarlo ai gran premi ne passa... Fu Gino Amisano, patron della AGV caschi, a rendere possibile il passaggio da sarebbe bello a facciamolo. Mi telefonò per invitarmi a pranzo e lì mi chiese Perché non rifai una squadra?. Venivamo dall'esperienza del Team Pileri, che aveva vinto due titoli in 125 con Loris Capirossi e poi era stato protagonista in 250 arrivando fino alla 500. Mi chiese quanti soldi servivano per mettere insieme un bel team con due piloti e una volta saputa la cifra sentenziò: «Va bene. Te li do io». Da lì è partita l'avventura... «Ho ancora la foto scattata a Barcellona che suggellò l'accordo con Valentino. Qualche settimana dopo andai a Tavullia a trovarlo: ero ancora il manager di Max Biaggi e avevo un suo adesivo attaccato sulla macchina. Bella, mi disse girandole intorno. Poi, senza dire una parola ha staccato l'adesivo e ha detto: «Se dobbiamo lavorare insieme questo qui non ci può stare...». Gli adesivi, mi colpì la sua maniacalità nell'attaccarli, era innamorato di quella operazione, voleva essere assolutamente lui a farla. Eravamo una squadra tutto sommato familiare, eravamo belli ordinati, vestiti bene, efficienti, ma dovevamo stare attenti alle spese; per la trasferta in Malesia ci eravamo inventati i teli di plastica per personalizzare i box, uno stratagemma per risparmiare sul peso e di conseguenza sulla cifra da pagare per il trasporto... Tecnicamente ci affidammo a Mauro Noccioli e ai suoi ragazzi, perché aveva già lavorato con Rossi l'anno prima. Si trovavano, non c'era motivo di cambiare».
Neppure il tecnico toscano ha scordato il GP Malesia del 1996. «Dopo il campionato Europeo Stefania, la mamma, mi fece capire che dovevo continuare a dare una mano a Valentino. Sacchi gestiva la situazione dal punto di vista economico, iIl camion e i meccanici invece erano i miei. In Aprilia all'inizio non è che avessero tanta fiducia sulla bontà dell'operazione. Non tutti perlomeno. Proprio in Malesia ci fu chi venne da me appositamente per dirmi È inutile che tu perda tempo con questo qui, è uno scarpone. Ma domenica Valentino finì la gara al sesto posto. Un primo segnale che l'esperto si sbagliava. Sinceramente quel piazzamento sorprese anche me; in quella occasione la squadra seppe pungolarlo a dovere e Valentino avrebbe fatto di tutto per dimostrarci che aveva i numeri per far bene».
E Valentino? Come lo ricorda il protagonista quel suo debutto? «Ricordo due cose: quando Graziano (il papà) mi disse che c'era la possibilità di fare il Mondiale 125 con la squadra di Giampiero Sacchi e l'Aprilia. E poi la gara, molto positiva. Sono andato subito forte, ho lottato con quelli davanti, mi sono detto: Dio bo'... adesso nei prossimi gran premi siamo sempre davanti.
Mi ero montato un po' la testa. Infatti le due gare dopo non sono andate per niente bene...».Ma poi il giovane Rossi ha avuto tutto il tempo per rifarsi e diventare il pilota più conosciuto al mondo, l'uomo immagine del proprio sport.
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