È un'impresa, bella e dolorosa, quella che si accinge ad affrontare Valentino Rossi nelle libere di Aragon. Tempo fa il DottorCosta, scritto naturalmente tutto attaccato perché di professione riattaccava i piloti, in casi simili era solito scomodare gli dei dell'Olimpo per descrivere il coraggio di questi uomini che trasformavano l'impossibile in possibile e nella sofferenza si avvicinavano alle divinità. Forse troppo. Perché l'eroismo umano è altra cosa destinata ad altre questioni generalmente molto più importanti; e perché non ci si può avvicinare a un dio inseguendo il podio, la vittoria, foss'anche quella del decimo titolo mondiale che a Valentino sta ormai sfuggendo di mano. No. Non era eroismo il loro e non lo è il suo. È qualcosa che ci assomiglia, la declinazione minore, qualcosa che non hanno tutti, che molti non sanno neppure di avere e che però, talvolta, viene fuori.
Ecco. Nel motomondo quel talvolta diventa spesso. Per Rossi e per i suoi fan non è stata infatti una sorpresa: è la seconda volta che accade. La prima fu nel 2010, tibia e perone a pezzi, frattura scomposta ed esposta, quaranta giorni fuori, quattro Gp saltati e poi quel magico ritorno in piena estate, al Saachsenring, quarto posto finale. Il mondiale quell'anno andò al compagno di team, Lorenzo. Stavolta sono stati diciotto i giorni che hanno separato l'incidente in allenamento con la moto da enduro e la prima sgasata di Vale in sella a una super Yamaha da strada, lunedì, a Misano. E, se oggi i medici del motomondiale gli daranno il via libera, per Rossi saranno stati in tutto 22 giorni e un solo Gp saltato, quello di Misano. Quasi che per i motociclisti ci fosse una proporzione matematica tra l'entità del danno e le corse mancate. «Alla fine ho deciso di partire per Aragon. Se verrò dichiarato idoneo a correre (oggi, ndr), avrò la vera risposta solo dopo la prima sessione di libere», così Vale nel comunicato reso noto dalla Yamaha che in Spagna porterà anche Van der Mark, il sostituto predestinato. «Il test - ha proseguito il 9 volte iridato - è stato positivo e ringrazio il dottor Lucidi e il suo staff per avermi aiutato a trovare le soluzioni migliori per sentire meno dolore possibile». E subito è arrivato il benvenuto di Marquez: «Con lui in pista sarà più bello. L'infortunio che ha subito è stato grave, ma se il recupero procede bene...», e schietto, «però per il titolo siamo in corsa in tre, io, Dovizioso e Viñales».
Si vedrà. Di certo, la partenza suicida delle due Ferrari domenica scorsa a Singapore deve aver rafforzato in Valentino la convinzione di provarci tanto quanto le ferite che si andavano via via rimarginando. Nei motomondi, infatti, a due come a quattro ruote, l'imponderabile umano e tecnico è sempre dietro l'angolo, e allora perché non tentare? Bisogna esserci per cogliere l'occasione, anche se dalla vetta occupata da Dovizioso e Marquez si dista 42 punti. E Vale proverà ad esserci. Come in passato avevano fatto altri grandi campioni. Fra questi, due che Rossi conosce molto bene: Lorenzo e Capirossi. Proprio l'ex compagno ora alla Ducati, nel 2013, ad Assen, si rese protagonista di qualcosa d'incredibile: fratturatosi la clavicola in modo scomposto durante le prove libere del giovedì, volò a Barcellona per operarsi e la mattina del sabato era già in Olanda per prendere parte alla gara. Concluse il Gp in quinta posizione. E che dire di Loris sempre ad Assen? Era il 2000, si ruppe il polso cadendo nel warm up ma partecipò alla gara.
Il DottorCosta arrivò quasi a ingessargli la mano al manubrio. Tra fasce e iniezioni di antidolorifici, Capirossi chiuse terzo. Quando fermò la sua moto nel box era in lacrime e svenne per la sofferenza. No, nessun eroe. Qualcosa di molto simile.
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