«Vancouver una vacanza Ma a Sochi sarà dura Non voglio deludere»

È difficile vedere o sentire Dominik Paris arrabbiato. Anche attraverso il telefono, a centinaia di chilometri di distanza, sembra di scorgere il suo sguardo furbo e divertito. Anche se non sempre la vita è stata gentile con lui, dalla sue parole trapelano solo disincanto e ottimismo.
Prima domanda d'obbligo dopo la caduta in Val Gardena che le ha fatto perdere le ultime gare del 2013: come sta?
«Bene, grazie! Ho fatto molte terapie, dalla Tecar al laser alle mani del fisioterapista, il piccolo strappo muscolare e l'ematoma al polpaccio della gamba sinistra stanno migliorando».
Quanto ha sofferto a vedere le ultime gare di discesa in televisione?
«Peccato non esserci, ma mi sono accontentato di fare lo spettatore. Ho visto un po' di cose interessanti, ho visto che Svindal in questo momento è il migliore e che i miei compagni a tratti sono molto bravi. Secondo me siamo la squadra più forte».
Racconti la caduta che l'ha messa ko?
«È la seconda volta che cado in discesa in tutta la mia carriera. La prima fu a Wengen, senza conseguenze. Stavolta mi sono spaventato perché ho capito subito di essermi fatto male, pensavo di essermi rotto il perone, avevo male. Poi invece mi sono alzato e ho capito che forse non era così grave. A Wengen ci sarò, pronto ma non arrabbiato, solo carico per tornare ad andare forte».
Lo sci, come la vita, è un susseguirsi di alti e bassi.
«Il confine fra gioia e dolore è così sottile... ogni giorno può succedere di saltare di qua o di là, senza sapere perché. Bisogna aspettarselo e non farsi condizionare».
Sochi sarà la sua seconda esperienza olimpica. Che ricordi ha della prima nel 2010?
«Quella fu una vacanza! Due settimane in giro per fare una gara, la supercombinata! Mi sentivo giovane, vivevo leggero e senza pensieri, avevo tempo per godermi tutto quel che succedeva attorno a me. Quest'anno sarà diverso. So che se arriverò quarto per tutti sarà una delusione».
La pista della discesa olimpica com'è?
«Bella tosta. Si devono avere tutte le qualità, il talento per andare forte in curva e quello per lasciare andare gli sci sul piatto, la bravura per saltare lungo e il fisico per tenere duro fino in fondo».
Perché in superG non va forte come in discesa?
«Nelle curve più strette perdo ancora troppo, mi sento meglio ma non ancora come vorrei e potrei. Ci tengo molto a qualificarmi per il superG olimpico, ma sarà difficile, resta solo la gara di Kitzbuehel per provarci».
A Sochi la squadra italiana sarà guidata da Armin Zoeggeler.
«La migliore scelta possibile, chi altri ha vinto cinque medaglie in cinque Olimpiadi consecutive? Armin però non lo conosco bene, viviamo vicini e abbiamo lo stesso manager, ma gli ho parlato solo poche volte. L'ho visto allenarsi e come tutti qui in Alto Adige lo considero un mito, il più grande, nessuno ha vinto così tanto!».
Essere portabandiera può essere un obiettivo per il futuro?
«Certo, per quale atleta non lo sarebbe? Adesso però non riesco a pensarmi in quel ruolo».
Sente che l'Olimpiade ha un valore diverso?
«La gara è gara, importante o meno, quando scatta il cronometro io penso solo a dare il massimo, per provare a vincere. In certe occasioni però bisogna essere capaci di aprire ancora di più il gas».
Anche perché magari il premio in palio è più alto…
«I premi dei contratti? A quelli ci penso dopo, se è il caso, mai prima! Non scio certo per diventare ricco!»
Cosa ne pensa dei contingenti limitati per l'Olimpiade? Al momento l'Italia ha 13 posti, si potrebbe arrivare a 16, pochi in ogni caso fra uomini e donne per tutte le discipline.
«Mah, io sono uno che prende le cose senza farsi tanti problemi, è giusto dare spazio ai Paesi minori, non ha senso però che l'Argentina abbia 8 posti e l'Italia pochi di più. Le proporzioni dovrebbero essere giuste, all'Olimpiade i più forti devono esserci. Non mi frega niente però se gli austriaci saranno solo in due!! Scherzo, io sono amico con tutti».
Un augurio per il suo 2014?
«Che la gamba non mi crei problemi».
Ha passato delle feste diverse, a casa, senza sci e senza gare…
«Sì, sono state feste diverse, ma non perché mancava lo sci, a casa purtroppo mancava qualcun altro».


Ecco, al telefono, a centinaia di chilometri di distanza, per la prima volta sento che lo sguardo di Dominik non è più quello divertito di sempre. Il suo pensiero è volato in cielo, al fratello maggiore René, vittima di un incidente stradale a fine giugno. La vita è davvero un susseguirsi di alti e bassi, «il confine fra gioia e dolore è così sottile»…

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