Mancava da Singapore, la pole. Però meglio dimenticare Singapore. E quella pole, e quella sera quando Seb parve impazzire, quando Raikkonen fu preso da raptus e scattò come non avrebbe dovuto e i due ferraristi si autoeliminarono schiacciando a panino Verstappen. Vettel e la Ferrari in pole in Messico fanno invece sognare e pensare. Quasi la loro fosse una questione personale. Perché c'è ancora di mezzo Verstappen, dietro di 86 millesimi, e perché poco prima il team boss Maurizio Arrivabene aveva commentato, riferendosi ai malumori in salsa ferrarista dell'olandesino per la squalifica subita ad Austin a favore di Raikkonen, «non è che ora mi metto a litigare con i ragazzini...». E adesso, a qualifica conclusa, è come se al posto del boss avesse risposto Vettel. Ma in pista. E senza litigarci. Per ora.
A volerla dire tutta, per Seb si è trattato addirittura di una doppia questione personale da regolare. Perché il tedesco a colpi di cronometro ha, sì, messo dietro l'olandese dal talento grande e la lingua lunga, ma ha protetto anche se stesso e il proprio record lontano e prezioso: quello di più giovane pilota ad aver conquistato la pole position. Era Monza, era il 14 settembre del 2008, Seb guidava una Toro Rosso e il giorno dopo avrebbe vinto la sua prima gara. Quel sabato aveva 21 anni e 72 giorni. Ieri, baby Max, davanti a tutti fino all'ultimo, era pronto a rubarglielo via quel primato.
Niente da fare. «Sono felice», quasi grida nel microfono il ferrarista dopo aver rifilato mezzo secondo ad Hamilton terzo. «Pa-pa-pa-pa-pa, yes, krazie ragazzi, che giro», aveva urlato poco prima via radio. «Sono felice perché è stata dura ed è la pole 50, grande numero. Tanto più che prima delle qualifiche non avrei mai pensato di potercela fare. E adesso darò il massimo, non sarà come ad Austin. Problemi risolti. Non abbiamo nulla da perdere, so che il mondiale non è nelle nostre mani, dipenderà da Lewis (gli basta un 5° posto, ndr), ma io attaccherò a tutta».
Quarta pole dell'anno, mancava da Singapore questa Ferrari là davanti. Meglio dimenticare Singapore. O forse no. Forse stavolta a Seb servirà per davvero partire a tutta e da pazzo.
Senza calcoli, senza pensieri, di pancia, o tutto o niente per tenere vivo il campionato fino all'ultimo e far finta che si possa ancora sognare. «Bravo Seb, non ce l'ho fatta a starti addosso», ammetterà Lewis frastornato. «Qui per noi è un po' come a Singapore...». Già, Singapore.
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