La vittoria di Rublev, guerriero di pace

Tennis, al Master 1000 di Montecarlo il russo batte Rune e dà lezione di stile: "Grazie per come mi avete accolto"

La vittoria di Rublev, guerriero di pace

Ad un certo punto della sua carriera di Top 10, Andrej Rublev ha detto che si sentiva inadeguato lassù, soprattutto perché non gli riusciva mai di vincere un torneo importante. Ieri finalmente l'ha fatto, rimontando un esausto Holger Rune da 1-4 nel terzo set e finendo per vincere 5-7, 6-2, 7-5 un Masters 1000 al terzo tentativo a 25 anni. Poi, ringraziando il Principe Alberto e la sempre triste principessa, si è lasciato scappare un aggettivo di troppo, per scusarsi subito imbarazzato con tutta Monte Carlo: «Forse sono troppo emozionato e ho sbagliato a parlare. O forse sono solamente troppo stupido». Tutt'altro, e neanche inadeguato.

Andrej Rublev è solamente un ragazzo molto sensibile, l'unico tennista attualmente senza bandiera né inno capace di prendere posizione sulla guerra in Ucraina senza dover per forza esporsi in modo smaccato. Lo ha fatto fin da subito, con tatto, e ha cercato sempre di non urtare madre Russia, e soprattutto Putin - visto che a Mosca tiene famiglia - , mettendo davanti a tutto lo sport che lui ama più di tutto, l'antidoto che ha a disposizione davanti alla follia. E i suoi messaggi sono chiari: un anno fa vinse a Dubai per poi firmare la telecamera con un «No war please». E la sua presa di posizione, sconfortata e sempre cortese, si è ripetuta durante Wimbledon, dove i tennisti russi e bielorussi sono stati banditi (non succederà invece quest'anno, cosa che sta mandando su tutte le furie i colleghi ucraini). In pratica: prima Andrej si è mostrato in un post su instagram davanti alla tv e commentando con un «dovrei essere lì». E poi, spiegando la situazione, aveva allora pensato - ma mai minacciato - di cambiare passaporto: «Vivo all'estero tutto l'anno, il tennis è il mio lavoro e la mia passione, e non me lo lasciano fare. Ho proposto qualche soluzione, come giocare un doppio con un ucraino, ma mi hanno sempre risposto che la Russia avrebbe usato la situazione per fare propaganda. Cosa che non ho capito. Così, se la situazione prosegue, potrei anche cambiare nazionalità: voglio poter giocare le Olimpiadi».

Non è successo, ancora. Rublev è sempre russo, ma tra i due belligeranti lui sta invece dalla sua parte.

E dopo il «pace, pace, pace» scritto alle Atp Finals Torino alla fine del match vinto contro l'altro paria del circuito Medvedev, ieri ha detto una cosa carina che vale più di mille proclami: «Visto il Paese da cui vengo, ringrazio la gente per il supporto che mi dimostra sempre. È molto importante per me». È molto importante per tutti avere nel tennis, e non solo, qualcuno capace di dire le cose più forti in maniera così garbata: di stupido nel mondo, caro Andrej, c'è ben altro.

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