Dino Zoff, ex portiere della Juventus e dell'Italia campione del mondo 1982 nonché ex ct della Nazionale, è stato uno dei portieri italiani più forti della storia del calcio.
Nel corso della sua carriera ha vestito le maglie dell’Udinese, club nel quale è cresciuto, Mantova, Napoli e Juventus. Il 79enne di Mariano del Friuli ha messo in bacheca tantissimi titoli: sei scudetti, due Coppe Italia e una Coppa Uefa con la maglia bianconero ma soprattutto un titolo Europeo nel 1968 e un titolo mondiale nel 1982 con l’Italia con cui in 15 anni, tra il 1968 e il 1973, ha messo insieme 112 presenze. Zoff, in esclusiva per ilgiornale.it, si è raccontato a tutto campo spaziando dai temi più attuali a come vede il futuro del calcio ma raccontandoci anche alcuni aneddoti personali.
Dino Zoff, come vive il fatto di essere una leggenda del calcio?
"La vivo particolarmente bene, non mi ha cambiato e onestamente mi fa anche piacere essere riconosciuto. Vuol dire, presuntuosamente, che ho lavorato e mi sono comportato bene".
Per decenni è stato un leader perfetto sia per i club, sia per la nazionale, spesso il contrario di quanto accade oggi.
"Non so fino a quando o quanto sia stato un leader, so di aver sempre avuto riconoscenze dai compagni e dall'ambiente per il comportamento, per l'esempio, per dire le cose con convinzione ed essere stato onesto con me stesso e con gli altri. Ho sempre creduto nello sport e nel calcio, di conseguenza il comportamento era adeguato al miglioramento dell'uomo al di là delle cose che ne derivano, dallo star bene alla professione che ti piace parcolarmente e ti dà degli onori".
Come sono stati quegli anni?
"Non credo che siano particolarmente diversi da quelli attuali, posso dire che adesso i media sono così presenti con la tecnologia che influenzano forse maggiormente il pubblico: dovevano regolarlo ma credo sia successo il contrario, fa parte del mondo moderno così esasperato con la necessità di presenzialismo e tante altre cose".
Qual è la sua paura più grande?
"Ho avuto una carriera molto buona ma ho sempre combattuto con la paura di non aver coraggio, è sempre stata la mia trazione ad esserci sempre, ad essere schivo e scarno e cercare la sostanza, per me soprattutto. Infatti, sono un personaggio silenzioso".
Si sente di aver raggiunto questo obiettivo collegato alla paura?
"Si, mi sembrava forse eccessiva la paura di non aver coraggio ed ho cercato sempre di conquistare le cose con le regole".
Dino Zoff ha paura del Covid?
"Quando si va avanti con gli anni (sorride, ndr), l'avvicinamento ad una soluzione c'è, c'è per forza. È già essere fortunati arrivare lontano, basta vedere quello che succede nel mondo. Certamente non mi sento un eroe ma di sicuro ho qualche pensierino".
Come sta affrontando la pandemia?
"La sto affrontando con le regole, sono un uomo istituzionale e mi adeguo. Sono anche un figlio della guerra, per me i sacrifici odierni non sono una grande cosa. Oltretutto, sono sempre legato alla responsabilità in ogni cosa che faccio, dalla presenza al comportamento ma vedo che nel mondo, invece, non tutti hanno questa responsabilità del ruolo. La responsabilità è una sola in tutte le componenti che si fanno, la responsabilità di far bene il proprio lavoro è una linea guida importante per tutto il resto".
Lei ha fatto il vaccino? Se sì, quale?
"Sì, ho fatto la prima dose del Pfizer e sono in attesa della seconda dose, del richiamo. Tutto è andato bene".
Da cittadino, pensa che come Paese avremmo potuto fare di più per contrastare questa pandemia?
"Parto dal presupposto che si può sempre fare di più. Detto ciò, è stata una cosa nuova ed è capitata all'improvviso ma vedo che tutto il resto del mondo ha numerosi problemi, credo che non possiamo essere severissimi con noi stessi".
Qual è la parata più bella che ricorda?
"Più che bella direi la parata più difficile ed importante è quella contro il Brasile, nel 1982, negli ultimi minuti di gara, sulla linea di porta con gli avversari a zero metri, un'eventuale respinta poteva essere decisiva. Dovevo tenerla e non dovevo oltrepassare la linea".
Invece, qual è l’errore che se potesse tornare indietro non rifarebbe?
"Non mi piace rivedere le partite, anche quelle belle, perché c'è sempre qualcosa che si poteva fare meglio. Ho sempre una filosofia: certamente avrei potuto fare di più in tante cose ma in quel dato momento non ero in grado di farlo. Ci sono stati tantissimi errori, da tutte le parti, sotto questo punto di vista sono sempre stato umile nel mio ambito del lavoro. Non ho recriminazioni, si vede che in quel momento non ero in grado, se ho fatto in quel modo significa che non fossi in grado di far meglio".
Lei ha giocato 330 partite consecutive con la maglia della Juventus, un record incredibile. Mai un raffreddore, mai un infortunio, mai una squalifica. Come è stato possibile?
"È possibile ma certamente in tante partite non ero nelle migliori condizioni. Lo facevo presente all'allenatore e ce ne prendevamo la responsabilità, sapeva che non ero al meglio. Trapattoni mi diceva: 'Ma te la senti di andare in campo?' ed io rispondevo di si. In genere, quando non stavo bene, ero così attento che riuscivo a cavarmela. Segretamente ci prendevamo le nostre responsabilità, io di andare in campo e lui di mettermi senza dire, come succede oggi, 'mi sacrifico' oppure 'vado in campo per la maglia'. Se avessimo giocato male ci avrebbero criticato ed avremmo dovuto accettarle".
Chi è il portiere più forte, attualmente, che abbiamo in Italia?
"C'è Handanovic, ci sono i nostri giovani, da Donnarumma a Meret, è un periodo abbastanza buono per la nostra scuola di portieri"
Chi sarà il più forte portiere dei prossimi anni?
"La strada aperta, pur avendo ancora pochi anni, è di Donnarumma che ha già due campionati sulle spalle con una grande squadra. Dipenderà da lui ma le prospettive sono veramente buone".
Considera Buffon ancora più forte di quello che è stato lei?
"Non faccio paragoni con nessuno, certamente gioca ancora ed è giusto che lo faccia. Complimenti a lui ma non stiamo a fare classifiche".
Un’ultima battuta: come vede l’Italia agli Europei? Ha la possibilità di vincere per la seconda volta ed infrangere un tabù che dura dal 1968 quando lei divenne campione d’Europa?
"Vincere non è semplice ma credo che l'Italia possa fare particolarmente bene, fin qui Mancini ha fatto delle grandissime cose, dei risultati straordinari. Possiamo certamente dire la nostra agli Europei. E poi, con la nuova interpretazione dove si gioca nelle capitali delle squadre che partecipano non è più concentrato su un Paese o due, avremo due-tre partite iniziali in casa e credo sia un vantaggio. Ma, al di la di questo, ce la possiamo giocare quasi con tutti".
In chiusura, Dino
Zoff cosa si sente di aggiungere?"Non vorrei che il calcio perdesse la maggior parte del suo aspetto sportivo, vedo che è esasperato. Ci sono tante cose esagerate, un certo grado di semplicità sarebbe opportuno".
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