Come sposare la figlia del reverendo nell'Inghilterra rurale di fine Ottocento

Sellerio chiude la pubblicazione del lungo «ciclo della contea del Barset» di Anthony Trollope con il romanzo «Le ultime croncache del Berset» considerato dai critici il suo capolavoro

Di solito, quando un editore porta a compimento la pubblicazione di un corposo ciclo di romanzi di un autore ha pressoché esaurito le risorse che quello stesso scrittore può offrire ai lettori. Non è però il caso di Anthony Trollope, uno dei più importanti scrittori inglesi di epoca vittoriana. L'autore dei romanzi dedicati a Plantagenet Palliser e di quel capolavoro di comicità intitolato «Le torri di Barchester» è, infatti, uno dei più prolifici autori cui la terra di Albione abbia mai dato i natali. Più di una cinquantina di romanzi (e tutti di ottimo livello) che si spiegano solo con la costanza professionale del loro autore. Nella vita di tutti i giorni Trollope era una eccellente funzionario delle Poste di sua maestà. Nella vita di tutti i giorni, però, Trollope era anche scrittore «professionista». Alla letteratura si dedicava proprio come il contabile di un ufficio. Regole ferree e orari rigidi. Insomma assiduità quasi balzachiana. Basti ricordare che ogni mattina prima di scendere in soggiorno per la colazione, si sedeva a tavolino per dare corpo alle sue storie e ai suoi personaggi (i suoi biografi hanno anche registrato i suoi ritmi di lavoro: 250 parole ogni quarto d'ora).
Insomma di fronte a un simile autore, un «corposo» ciclo di romanzi pur essendo oggettivamente un'impresa colossale, risulta quasi una goccia nel mare. L'editore Sellerio è riuscita (e con ottimi risultati) a portare a termine uno dei «cicli» più conosciuti della produzione trollopiana. Stiamo parlando del celebre «ciclo di Barsetshire». Dopo «L'amministratore» (2003), il già citato «Le torri di Barchester» (2004), «Il dottor Thorne» (2005), «La canonica di Framely» (due edizioni tra il 2001 e il 2006), e «La casetta ad Allington» (2007), arriva ora in libreria l'ultimo capitolo di questa saga. Il romanzo più impegnativo, ma anche il più celebrato dai critici e dai posteri: «Le ultime cronache del Barset» (1152 pagine, 18 euro, traduzione di Rossella Cazzullo). Al centro di questo romanzo troviamo il reverendo Crawley, devoto ed erudito, ma afflitto da un'insopportabile fila di disgrazie - e prima di tutte l'indegna povertà -, accusato di essersi indebitamente appropriato di un piccolo assegno. Nemmeno l'ecclesiastico riesce a ricostruire in modo coerente la vicenda, che si affianca a due storie d'amore parallele. Al momento della scomparsa dell'assegno, il Maggiore Grantly stava per chiedere la mano della figlia del reverendo, la mite Grace Crawley, ed è immaginabile quanti e quali contrasti incontrerà la loro unione. Grace è amica e confidente dell'intransigente Lily Dale, giovane incapace di superare il passato per accettare la proposta di Johnny Eames che la ama intensamente e che diventerà l'eroe positivo della tragedia, il risolutore non premiato. Da questi drammi perbene partono le correnti principali del romanzo, che riversano incessanti conseguenze su tutti i legami umani che contano. Sicché il filo della narrazione si dipana lungo tutti i sentieri della contea, mostrando al lettore i lati nascosti della sua classe dirigente, fino a denudarne gli interessi, le ipocrisie, le reali motivazioni e i giochi di potere.
Il giudizio su questo libro è unanime. Rappresenta la summa dell'intero ciclo e in qualche modo li supera tutti nell'evidenziare il ruolo della Chiesa nella vita della società vittoriana.
Per tutti coloro che hanno letto la sua «Autobiografia», in cui lo scrittore nativo di Londra (dove era nato nel 1815) confessava di seguire un metodo preciso e costante nell'ideazione dei plot dei suoi romanzi, Trollope è però inevitabilmente uno scrittore minore. Al massimo un «allievo» del principe del realismo inglese William Thackeray. Tuttavia i suoi romanzi hanno trovato da noi un difensore prestigioso in Mario Praz che proprio nella serialità delle opere di Trollope è riuscito a trovare un punto d'onore. «Mentre di solito nelle opere letterarie la sopravvivenza è assicurata dall'originalità - sostiene Praz -, e l'originalità è inconfondibile; nel caso di Trollope, in un modo quasi paradossale, la sopravvivenza è stata assicurata dall'assenza di un carattere e di uno stile molto risentiti». Se poi aggiungiamo la vividezza dei suoi dialoghi e la disadorna struttura (come in Jane Austen), abbiamo un «campione» della letteratura vittoriana che può regalare emozioni e impressioni anche ai lettori del XXI secolo.


«Altro non si propose Trollope - ricorda il celebre anglista - che di guardare il mondo con probità e di ritrarre gli uomini tali e quali erano, sicché i lettori potessero riconoscersi nei suoi libri e non sentirsi trasportare tra numi e demoni». E quei «ritratti» sono vividi e precisi come fotografie. Immagini, come quella del reverendo Crawley, sono tutt'altro che ingiallite e dimostrano la perizia letteraria del loro autore.

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