Riformare la vita di condominio non è meno nobile che riformare Costituzione e pensioni. L’impegno può essere persino più gravoso. In fondo, Costituzione e pensioni sono temi vecchi di sessant’anni: la promiscuità nei grandi caseggiati è molto più antica. Ha radici profonde e lontane. Cambiare l’assemblea condominiale è una rivoluzione francese.
Pare che questa volta ce la faremo. Con slancio finalmente bypartisan, ormai impensabile su qualunque altra materia civica, la nuova legge passa da una Camera all’altra e imbocca il vialone d’arrivo. Senza accidenti e imprevisti, presto la nostra vita spicciola e domestica cambierà radicalmente. Non esagero: niente sarà più come prima.
Crolleranno tanti muri - via, è solo una metafora -, ma soprattutto sarà la fine della figura più potente, mitologica e sfacciatamente carogna di qualunque palazzo: lui, il famigerato e cavilloso ragionier Dagoberti. Anche se questa strana forma vivente assume mille altri nomi e mille altre sembianze, a seconda dell’indirizzo e del numero civico, è presente in qualunque condominio. Può vivere al secondo come all’ultimo piano, può essere celibe come può avere famiglia e suoceri a carico. Sa travestirsi e mimetizzarsi in innumerevoli modi, sfuggendo a una rigida definizione scientifica. È camaleontico e onnipresente. Oltre ad una formidabile cocciutaggine, oltre al sovrannaturale talento di rompiscatole, nei momenti cruciali questa figura crudele e spietata sfodera con gusto sado-maso la più devastante delle proprie armi: il voto.
Con le antiche norme che il Parlamento va a cambiare - ma io, finchè non vedo le nuove sulla Gazzetta Ufficiale, non ci credo -, il ragionier Dagoberti ha costruito il suo dominio assoluto. Grande conoscitore del regolamento - risulta sui libri di scienze come il ragioniere passi le notti nella febbrile lettura di ogni singolo comma -, sa da sempre che per le decisioni più importanti serve la piena unanimità, cioè tutti i voti, cioè anche il suo.
Forte di questa piena e lucida consapevolezza, il personaggio entra in assemblea e tutti quanti assistono alla fantastica trasformazione. Da personcina schiva e anonima, che lungo le scale arrossisce al saluto, improvvisamente diventa un gigante, strafottente e sicuro di sè, persino tronfio e arrogante, qualche volta tradendo evidenti segnali di estasi da onnipotenza.
Nel suo nuovo habitat, il temibile animale mette in mostra tutte le insidiose armi del repertorio. Gioca al gatto col topo. Lascia parlare, assiste sornione al dibattito infuocato delle sue prede, finge di interessarsi alle relazioni dei consulenti tecnici, blandisce con cenni del capo l’amministratore, illude il vicino di sedia lasciandogli intuire che sta con lui. Poi, quando la mezzanotte è inesorabilmente passata, quando i coinquilini sono spossati e stremati, quando padri e madri di famiglia, giovani coppie e anziani pensionati sbadigliano pesantemente al pensiero che l’alba è già vicina, la zampata letale. Si vota. Tutti sono d’accordo per il sì, manca solo lui, il ragionier Dagoberti: in quel preciso momento, l’oscuro inquilino che in ascensore non regge gli sguardi e non sa cosa dire, finendo sempre per dire la stessa cosa, “freddina, oggi“, proprio questa innocua e insospettabile forma di vita umana improvvisamente entra in metamorfosi e sordidamente libera l’implacabile belva: «Io voto no»...
Quante volte, quante assemblee sono andate più o meno così. Quante ore abbiamo passato sui pianerottoli, con la signora Gina che dice cose irriferibili sul maledetto ragioniere, «quel cornuto un giorno o l’altro avrà pure bisogno di qualcosa, allora vediamo chi dice no». Quante decisioni sono passate di anno in anno, paralizzate dal ragioniere testardo, bastian contrario e ottusangolo, fiero detentore del potere supremo e insindacabile che soltanto l’unanimità conferisce a un uomo solo.
Sembra certo, la sua epopea ha i giorni contati. Il regime di crudele dittatura, che tutti quanti abbiamo sopportato attraverso le generazioni, è agli sgoccioli. Il principio basilare della democrazia, ma io direi soprattutto del buonsenso, entra finalmente anche nell’assemblea condominiale. Sì, proprio lì, nell’arena più sanguinosa, teatro delle più vili meschinità, della più atroci ripicche, dei più livorosi rancori (eventualmente consultare le statistiche legali: il più alto numero di contenziosi nasce proprio in questa sede lugubre e surreale).
Basta, si volta pagina. Per le decisioni più importanti, basterà la maggioranza dei voti. Alla faccia del ragionier Dagoberti. Già sembra di avvertire un aroma nuovo salire dalla scale. Non è il ragù della signora Gina, è proprio libertà.
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