È la stampa, bellezza

Con la sua Bibbia Johann Gutenberg lanciò a metà Quattrocento i caratteri mobili

Fra gli studiosi prevalse la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, quando si trattò di decidere quale fosse l’evento giusto per segnare il passaggio fra il medioevo e la modernità. In effetti si sarebbe potuto scegliere diversamente. Lo stesso 1492 poteva contare su un altro accadimento di spicco, occorso proprio all’inizio dell’anno: la caduta del principato arabo di Granada, l’ultimo lembo di penisola iberica ad essere riconquistato dai sovrani cattolici Isabella e Ferdinando.
Qualche decennio prima, dall’altra parte del Mediterraneo, era accaduto un altro avvenimento epocale: nel 1453 Maometto III aveva preso Costantinopoli, ponendo fine così alla millenaria esistenza dell’impero romano nell’ultima delle propaggini che potessero vantare una continuità diretta con la costruzione politica fondata da Ottaviano Augusto. Che in quegli anni fosse accaduto qualche cosa di importante appariva evidente, perciò era necessario segnalare il cambiamento di evo. Per creare una datazione sembrò giusto andare alla ricerca di un evento politico di primaria importanza, conquista o scoperta geografica che fosse.
Nel suo Le rivoluzioni del libro Elizabeth Eisenstein suggerisce una conquista di natura diversa, effettuata a cavallo fra tecnologia e cultura, come momento di cesura da prendere come spartiacque almeno simbolico per segnalare la fine del medioevo e l’affacciarsi di una diversa stagione dell’esperienza umana. Nel 1455, infatti, dopo due anni di lavoro Johann Gutenberg, tipografo in Magonza, portava a compimento l’impresa di stampare le 180 copie della sua prima Bibbia.
L’evento passò sotto silenzio, ma rappresentava una svolta di primaria importanza per la successiva storia dell’umanità e nello stesso tempo costituiva un risultato di altissimo livello dal punto di vista tecnologico. Per realizzare la stampa a caratteri mobili era stato necessario il concorso di saperi diversi, non ultimo quello enologico che aveva messo a disposizione un torchio solido ed efficiente, frutto di secoli di progressivi miglioramenti.
A primeggiare fra le nuove conoscenze che avevano concorso a rendere possibile la nuova tecnologia erano però la capacità di lavorare il metallo, di derivazione militare, la disponibilità della carta, supporto povero rispetto alla pergamena usato fino ad allora, l’organizzare del lavoro nata nelle tessiture medievali e infine il sapere finanziario maturato dai banchieri, necessario per raccogliere e gestire la somma indispensabile per sostenere i costi elevatissimi di un’impresa dal carattere protoindustriale.
Anche se Gutenberg non si arricchì con la sua invenzione, o sarebbe meglio dire con la sua realizzazione tecnologica, essa ebbe effetti rapidi e violenti sulla società europea, modificandola ben più di quanto non abbiano fatto, almeno nel XV, XVI e XVII secolo, la scoperta dell’America o la caduta di Costantinopoli.
Eisenstein individua tre rivoluzioni sociali scatenate in tempi brevi dalla rapidissima diffusione dei libri a stampa che segue subito la prima realizzazione tecnologica: Il Rinascimento, la Riforma Protestante e la Rivoluzione Scientifica. Senza il supporto, la spinta, la capacità di diffusione delle idee, e soprattutto la rapidità di circolazione che ad esse fu fornita dalla stampa a caratteri mobili, non si sarebbe rotto il ristretto circuito di eruditi che si confrontavano in latino attorno ai problemi classici della fede e della libertà e che garantivano la stabilità della cultura medievale, pur attraverso crisi ricorrenti. È con il libro a stampa che la situazione muta alla radice e si affermano le lingue nazionali, scatenando la spirale che porterà all’affermazione politica degli stati moderni, mentre l’alfabetizzazione diffusa mette in crisi l’organizzazione della società preesistente.


Anche se non si vuole credere con Marshall McLuhan che la nuova scoperta abbia modificato il nostro modo di percepire il mondo creando la prevalenza della vista sull’udito, dobbiamo riconoscere che in pochi decenni la stampa a caratteri mobili cambiò il volto dell’Europa e probabilmente rappresenta una delle maggiori cause del fallimento del tentativo di riunificare il continente messo in atto dall’imperatore Carlo V.

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