di Rino Di Stefano
Sapete per quale motivo staremmo assistendo alla dissoluzione dei nostri valori fondamentali, cioè quelli della civiltà occidentale? È molto semplice: «per la prepotenza politico-militare degli Stati Uniti» e «per il martirio del popolo palestinese ad opera dello Stato di Israele». Persino il terrorismo islamico, che da anni semina morte e panico ovunque nel mondo, altro non sarebbe che la legittima reazione a ciò che fanno USA e Israele. Questa, almeno, è la discutibilissima tesi propugnata da Massimo Badiale, docente di Analisi Matematica presso l'Università di Torino, e Massimo Bontempelli, professore di Storia e Filosofia nel Liceo Classico «Galilei» di Pisa, nel loro libro «Civiltà Occidentale - Un'apologia contro la barbarie che viene», pubblicato dalla nuova casa editrice genovese Il Canneto Editore. Considerando che i titolari del Canneto fino ad oggi hanno pubblicato libri di qualità, ci si aspettava che anche in questo caso il nuovo volume non fosse da meno. Anche perché a presentarlo, e a farne la prefazione, è stato un personaggio del calibro di Franco Cardini, famoso studioso e professore ordinario di Storia Medievale all'Università di Firenze. «Un prezioso vademecum in una battaglia di disincanto e, in ultima analisi, di liberazione dalla mistificazione e dalla menzogna», ha detto di questo libro l'illustre docente. Solo che, dopo una presentazione di questo genere, era lecito attendersi una maggiore obiettività storica da parte dei due autori che si sono cimentati in un argomento di tanto rilievo. Ma così non è stato.
In effetti, per capire dove Badiale e Bontempelli volevano andare a parare, bisogna superare le prime duecento pagine del libro. In questa introduzione, si parla appunto dei cinque pilastri della civiltà occidentale, sviluppandone ampiamente il contesto: i diritti dell'uomo, la libertà individuale, lo stato-nazione e la memoria storica, la razionalità e il progresso. Si parte dalla Magna Charta libertatum che il re Giovanni d'Inghilterra approvò nel 1215 e si giunge alle contraddizioni di Thomas Jefferson, autore di quel capolavoro che fu la Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America del 4 luglio 1776, dalla ristretta idea di tolleranza di John Locke si passa all'esuberante prosa libertaria di un grande come Francois Marie Arouet, detto Voltaire.
Il duo accademico prosegue analizzando i percorsi storico-culturali della civiltà occidentale. E, in questo caso, viaggiamo attraverso i secoli scoprendo quanto ci ha lasciato nel nostro bagaglio culturale la Grecia antica, la cultura ellenistica, il diritto romano, il cristianesimo delle origini e quello medioevale. Fin qui, la disamina storico-filosofica è abbastanza accettabile, anche se di tanto in tanto qualcosa emerge che riconduce alla formazione politica dei due autori. Soprattutto dove viene rimarcato che «per Marx e il marxismo la libertà è intesa non più in senso borghese, ma come libertà economica anziché spirituale». Come dire che libertà, proprietà, sicurezza personale e resistenza all'oppressione sono «soltanto» valori borghesi.
Dove si capisce chiaramente il perché di questo libro è nella terza parte, cioè dove Badiale e Bontempelli si considerano finalmente liberi di esporre le loro tesi da un punto di vista storico, filosofico e politico. Cari lettori, sembra che ci dicano, guardate che questo patrimonio di valori che ci è stato tramandato dalla nostra civiltà, sta per essere cancellato dalla prepotenza e dalla superbia degli Stati Uniti d'America e dal loro alleato in Medio Oriente, lo Stato d'Israele. Tutti i nostri guai, ci suggeriscono, nascono dalla politica portata avanti fin qui da questi due Stati e, ovviamente, dai loro alleati. C'è persino un riferimento, neanche troppo velato, a Berlusconi. Anche se non viene espressamente citato, ad un certo punto si legge «che ogni istituzione viene concepita come azienda, persino l'ospedale, persino la scuola e persino l'intero Paese, che non è più nazione, ma azienda, l'azienda Italia». Chi vuol capire, capisca.
La colpa di tutto, sostiene il duo Badiale-Bontempelli, è il capitalismo assoluto, il cui libero sviluppo, dicono, «sta già dissolvendo la civiltà occidentale». Il primo artefice del disfacimento dei nostri valori sarebbe stato George W. Bush che, all'indomani dell'attentato dell'11 settembre 2001, ha fatto varare una serie di leggi (vedi il Patriot Act del 26 ottobre 2001) con i quali veniva limitata la libertà degli americani. Che Bush junior non sia stato uno dei migliori presidenti degli Stati Uniti, ci sono ben pochi dubbi. Nulla a che vedere con suo padre, per esempio. E la stragrande maggioranza degli storici e degli analisti politici la pensa così. Ma considerarlo la radice di tutti i mali è francamente esagerato. È vero che la crisi economica mondiale (che tutti stiamo ancora pagando) è maturata ed è scoppiata sotto la sua presidenza, ma è altrettanto vero che la deregulation economica che ha portato al crollo della finanza internazionale era già stata avviata dal suo predecessore Reagan.
Gli autori non concedono nulla neanche a Obama che, pur cercando di rimediare ai danni fatti, secondo loro, non cambierà nulla dell'attuale stato politico-economico delle cose.
Ad un certo punto il duo se la prende con i governi che hanno fatto diventare un reato il negazionismo dell'olocausto compiuto dai nazisti nei confronti degli ebrei. «Il negazionista - scrivono - non esprime infatti nessun giudizio di valore, ma si limita a contestare alcuni fatti accettati dalla comunità degli storici». E arrivano al punto di dire che il genocidio dei nativi palestinesi «è comunque inscritto nella natura stessa del sionismo». Non un cenno sul diritto di Israele ad esistere e a difendersi dagli attacchi esterni.
Poi, tanto per restare in argomento, dicono che l'islamofobia è la forma di razzismo più diffusa nei Paesi occidentali. Come se questo tipo di sentire non nascesse dal terrorismo che ha insanguinato il mondo. Omettendo, però, che si può provare ribrezzo verso chi pratica il terrorismo, ma certamente non verso il comune cittadino che professa la fede islamica senza creare fastidi a nessuno. Inoltre, tanto per calcare la mano, prendono di mira anche Oriana Fallaci, definendo i suoi libri «un cumulo di errori, imprecisioni, sciocchezze». In sintesi, «asinerie, che dovrebbero svalutarne l'autrice agli occhi di chiunque abbia rispetto della propria intelligenza».
I due autori arrivano al punto di scrivere che «nel territorio italiano non vi è stato alcun episodio significativo di terrorismo di matrice islamica, mentre l'Italia ha partecipato col suo esercito all'occupazione militare di due Paesi islamici». E qui le cose sono due: o questi signori sono in mala fede, oppure sono disinformati. E mi riferisco alle stragi di Fiumicino del 1973 e del 1985. La prima avvenne il 17 dicembre 1973 quando un commando di cinque terroristi palestinesi di «Settembre Nero», ovvero di Abu Nidal, si diressero verso un aereo civile della Pan Am gettando all'interno due bombe al fosforo. Uccisero trenta passeggeri, tra i quali quattro italiani: tre adulti e una bambina. Assassinarono poi altri due italiani: una guardia di finanza e un tecnico dell'Asa. In tutto i morti furono trentadue, oltre quindici i feriti.
Il secondo attentato avvenne il 27 dicembre 1985, sempre nell'aeroporto romano, e fu portato a termine da quattro terroristi palestinesi, sempre di Abu Nidal. I terroristi spararono a caso sulla folla nei pressi degli sportelli El Al e TWA, uccidendo tredici persone.
Ma questi, per Badiale e Bontempelli, non sono «episodi significativi».
In sostanza, questo libro è un capolavoro intellettuale di faziosità anti americana, anti israeliana e anti occidentale in genere. E non è un caso che, pur parlando diffusamente del nazismo, di cui si sottolinea l'origine nell'odiata borghesia, non spende una parola sulle atrocità staliniane in Russia.
«Civiltà Occidentale - Un'apologia contro la barbarie che viene» di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, Il Canneto Editore, 310 pagine, 20 Euro.
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