Oceano Atlantico, molte miglia nautiche al largo delle coste irlandesi. L’equipaggio e i passeggeri del volo militare Af-5882, che si trovavano a bordo di un imponente Douglas C-124 Globemaster del Comando Aereo Strategico degli Stati Uniti, sono costretti all’ammaraggio per aver riscontrato criticità irrisolvibili. Il loro aereo era diretto dall’America continentale alla base britannica di Mildenhall nel Suffolk. Sballottolati dalle onde lievi sotto gli occhi vigili di un aereo alleato che, non appena aver capitato il messaggio di Mayday, si è portato sulle coordinate dell'incidente, sembrano stare bene. Attendono solo d'essere messi in salvo.
Localizzare i superstiti è stato abbastanza semplice. Sono tanti, più di cinquanta. La nave meteorologica Usgc Casco ha captato e rilanciato il messaggio di soccorso e già dopo un primo sorvolo dell’aereo amico, dall'aria come dal mare, sembra solo questione di tempo prima che la guardia costiera riesca a recuperare i superstiti che sono ben forniti di cibo e equipaggiamenti d’emergenza. Nessuno avrebbe pensato che sarebbero potuti scomparire, tutti, senza lasciare traccia. Rimanendo iscritti nel tetro elenco delle vittime dei tanti, troppi eventi senza spiegazione che vennero registrati nel lungo incombere della Guerra Fredda.
Le fiamme a bordo e l'ammaraggio
Era il tardo pomeriggio del 23 marzo 1951 quando il volo transatlantico Af-5882 si posava goffo e si suppone intatto sui flutti che avrebbero risparmiato, complice l’esperienza del pilota, la vita di cinquantatré militari, tra avieri, esperti ingegneri e ufficiali di vario rango. Sopravvissuti illesi all'ammaraggio d’emergenza che non aveva provocato danni al grande e panciuto quadrimotore abitualmente usato dall'Usaf per il delicato compito di trasportare armi nucleari da una base all'altra, tutti i 53 uomini a bordo si erano regolarmente imbarcati sugli appositi “battelli di salvataggio” gonfiabili che, già durante la seconda guerra mondiale, avevo preservato l’esistenza di migliaia di sventurati aviatori.
La posizione indicata nell’ultimo contatto radio dal maggiore Bell, ai comandi del C-124, era stata udita "forte e chiara" da chi era in ascolto sul canale d'emergenza; e mentre lui e tutti gli altri - compresi due ufficiali che avevano particolari collegamenti con le capacità nucleari statunitensi - prendevano posto sui battelli di salvataggio dopo aver indossato i giubbotti salvagente, aver preso quanto si potesse come scorta di sopravvivenza , cibo, acqua, razzi di segnalazione e ogni equipaggiamento possibile, compresa una radio di emergenza a manovella, un Boeing B-50 Superfortress, bombardiere strategico che faceva base in Inghileterra, era in rotta sulle coordinate dell’ammaraggio per ottenere un contatto visivo con i dispersi.
Quei 53 uomini scomparsi nel nulla
I piloti del B-50 individuarono i sopravvissuti che lanciarono razzi di segnalazione. Ma dopo alcuni sorvoli, segnalata e risegnalata la posizione delle zattere alla deriva, il B-50 raggiunse il livello minimo di carburante richiesto per un atterraggio in sicurezza, dunque fece rotta per tornare alla base e non essere costretto a un ulteriore ammaraggio. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che quando il cutter della Guardia Costiera arrivò al punto di ammaraggio il 24 marzo, non ci fosse più traccia delle zattere, dell'aereo e degli uomini alla deriva che erano stati avvistati dal bombardiere. Erano scomparsi. A Usgc Casco, prima unità ad arrivare sul luogo dell'incidente, si aggiunsero aerei della Royal Air Force britannica, navi meteorologiche, un sottomarino e diverse navi da guerra, tra cui anche la portaerei Uss Coral Sea, giunta sulle coordinate dell'incidente appena 19 ore dopo, il 25 marzo.
Secondo quanto riportato in seguito, nei giorni delle ricerche e dell'inspiegabile silenzio radio da parte dei superstiti che sembravano essere svaniti nel nulla vennero recuperati soltanto dei pezzi di compensato carbonizzato, pochi detriti associabili al C-124, ma abbastanza da concludere che l'aereo aveva toccato il mare senza fracassarsi, e la valigetta di uno dei passeggeri, il pilota Lawrence Rafferty, veterano decorato nel D-Day. Ma nessun salvagente. I corpi dei sopravvissuti non vennero mai ritrovati.
Roswell e gli ufficiali "atomici"
Il C-124 Globemaster piombato sulle onde nel bel mezzo dell'Atlantico mentre dall'altra parte del mondo dsi combatteva in Corea, era in forza al Comando Strategico Aereo degli Stati Uniti e apparteneva al 2°squadrone di Supporto aereo strategico che aveva base a Roswell - sì, la stessa Roswell del famoso incidente del 2 luglio 1947 che nascondendo ai sovietici il Progetto Mogul diede vita alla leggenda di un'astronave aliena caduta sulla terra e nascosta al mondo -. Aveva tra i suoi passeggeri vip come il generale Paul T. Cullen, vice comandante della 7ª divisione aerea che sarebbe stata incaricata di "rispondere" ad eventuali aggressioni aeree sovietiche con l'intensificarsi delle tensioni con il blocco comunista; James Hopkins, comandante di uno dei tre bombardieri B-29 inviati nella missione di bombardamento atomico di Nagasaki, e altri ufficiali di rilievo di quella che allora era considerata un'unità d'élite nel componente nucleare americana: il 509° Gruppo bombardieri che aveva maturato una certa esperienza nel campo delle armi nucleari.
Il generale di brigata Cullen aveva inoltre preso parte attiva al test della bomba atomica sull'atollo di Bikini come altri membri del suo staff. Il resto dei passeggeri erano per la maggior parte tecnici nucleari, aviatori di alto livello e capi equipaggio di bombardieri strategici con capacità nucleare.
Il sospetto di una Broken Arrow e la pista sovietica
Quando un aereo militare americano, sia un bombardiere o un vettore di trasporto come il C-124 in questione, perde un'arma nucleare, viene segnalata una Broken Arrow, un messaggio in codice che allerta immediatamente i vertici militari della Difesa. Nel 1951, l'Air Force aveva perduto almeno un ordigno nucleare, precisamente il 10 novembre 1950, quando un B-50 sganciò una Mark 4 sul fiume San Lorenzo, a nord Montreal, Canada. Si tratta di una bomba priva di plutonio ma con una certa quantità di uranio. Un altro caso venne registrato il 13 febbraio, quando un B-36 PeaceMaker precipitò a largo della British Columbia con un'altra arma, si suppone anche in questo caso una Mark 4.
La sequenza di incidenti con armi nucleari in una fase di grande tensione internazionale tra i blocchi della guerra fredda poteva causare ulteriori ripercussioni a livello internazionale. Dunque la pista dell'insabbiamento di un trasporto fallito di una o più bombe nucleari divenne una delle principali tesi. Ma quella più inquietante, secondo i familiari della vittime, è la pista sovietica.
La moglie di Cullen, giornalista in una testata locale, continuò negli anni a considerare nella rosa delle possibilità che l'avevano privata per sempre di un marito quella di un "MiG che avesse intercettato l'aereo da trasporto, minacciando l'abbattimento" e obbligando il C-124 ad ammarare per poi costringere alla cattura da parte di un naviglio sovietico. Questa ipotesi - francamente difficile da sostenere - non tiene assolutamente conto della difesa aerea britannica, dei radar e del pattugliamento marittimo della Nato. Ma in particolar modo non tiene conto della mancanza di comunicazione del fatto e dell'avvistamento dichiarato dal B-50 dei superstiti e di nessun MiG.
È un fatto però che nell'area di mare interessata fossero presenti e fossero state segnalate navi sovietiche. Come i pescherecci "civetta" usati per scopi di spionaggio. E non è da escludere che un sottomarino russo potesse emergere in superficie per catturare i passeggeri di alto valore che erano a bordo del C-124. Il generale Cullen, esperto del servizio aereo in ricognizione aerea e fotografica che era per altro stato in Unione Sovietica alla fine della seconda guerra, un'arma nucleare e diversi tecnici o piloti di bombardieri nucleari avrebbero senza dubbio rappresentato un "tesoro d'intelligence" per i sovietici. Ma nonostante questo è davvero difficile riuscire a credere che Mosca abbia "rapito in gran segreto" cinquanta militari americani per farli sparire nel nulla, magari in Siberia tra i prigionieri e i dispersi di cui nessuno ebbe più notizie.
Un mistero irrisolto
La coltre di mistero che continua ad avvolgere come la fitta nebbia del nord Atlantico il destino del C-124, scomparso nel nulla tra il 23 e il 24 marzo del 1951 con un carico che secondo alcuni ipotesi poteva comprendere anche un'arma nucleare, non ha mai smesso di attirare fantasiose speculazioni e intricate trame da romanzo spionistico.
Dalle indagini che seguirono l'incidente si evinse che il velivolo, targato 49-244, era praticamente nuovo di zecca. Cellula e motori avevano sostenuto appena 300 ore di volo e non era mai stata fatta menzione di problemi meccanici. Secondo quanto riportato dai documenti dell'Us Air Force, prima di decollare verso l'oblio, a bordo dell'aereo era presente una dotazione di nove zattere con capacità di sei persone ciascuna, 60 paracadute e 56 kit di medicazione, 3 radio di emergenza e 13 tute per climi rigidi.
Una copia del rapporto ufficiale dell'Air Force concessa dal Freedom of Information Act nel 2011 riporta: "L'aereo era evidentemente più o meno intatto al momento dell'impatto. Ciò è indicato dal numero esiguo di pezzi recuperati, nonché dal fatto che due pneumatici di aereo gonfiati trasportati come parte del carico non sono mai stati ritrovati. Inoltre, i detriti trovati sono stati bruciati dal fuoco del carburante nelle celle a combustibile delle ali, il che indica che le celle a combustibile delle ali erano ancora attaccate alla fusoliera. Non ci sono prove conclusive che sia accaduto qualcosa di insolito prima che l'aereo colpisse l'acqua. Non ha colpito l'acqua senza controllo. Ci sono prove che si sia verificato un incendio sulla superficie dell'acqua dopo l'impatto dell'aereo". Tra gli 81 reperti recuperati dalle squadre di ricerca e soccorso, ad esclusione della valigetta, non vennero trovati effetti personali, salvagenti o zattere di salvataggio. Venne invece trovata traccia di un agente chimico presente nelle bombe incendiarie M-50, un tipo di arma usata nella seconda guerra mondiale da servizi speciali e segreti impegnati a condurre azioni di sabotaggio e guerriglia. Tanto bastò ad aprire l'ipotesi del sabotaggio del volo senza spiegare cosa ne fosse stato dei 53 uomini avvistati sulle zattere.
L'ipotesi che l'intero equipaggio e i passeggeri siano stato "catturati" dai sovietici, che li avrebbero poi detenuti in Russia fino alla fine dei loro giorni, ha trovato un appiglio nella traballante dichiarazione rilasciata - secondo quanto riportano fonti terze - del presidente della nuova Federazione Russa Boris Eltsin. Nel 1992 dichiarò ai margini di un incontro bilaterale che i sovietici avevano catturato “una dozzina di aviatori statunitensi negli anni ’50 dopo aver abbattuto i loro aerei”.
Questa dichiarazione vaga e priva di riscontro, sommata alle ipotesi che l’Unione Sovietica abbia davvero trattenuto cittadini americani – sia militari che civili – dopo la Seconda Guerra Mondiale, trova degli appigli nel destino dei prigionieri di guerra americani caduti in mano ai comunisti nel conflitto di Corea e di quelli che vennero presi e trattenuti anche dopo la fine delle ostilità, in Laos, Cambogia e Vietnam. Ma non esistono collegamenti diretti o prove che soldati americani siano davvero stati internati nei famosi Gulag.
I funzionari russi hanno comunque negato la
dichiarazione di Eltsin e nessuna documentazione in merito è mai pervenuta da Mosca. Quale sia stato il destino del C-124 Globemaster scomparso tra le onde nell'Oceano Atlantico resta dunque un altro mistero della Guerra fredda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.