Gender in spalla e pedalare

Tessa Johnson è un campione di ciclocross. Alto, muscoloso, capelli lunghi, 25 anni. È maschio, anche se si identifica come donna

Gender in spalla e pedalare
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Tessa Johnson è un campione di ciclocross. Alto, muscoloso, capelli lunghi, 25 anni. È maschio, anche se si identifica come donna, e l'altro giorno ha vinto la sua decima medaglia del 2023 in una competizione. Femminile.

Non staremo a riaprire il dibattito sull'inclusione degli atleti transgender negli sport femminili. Per noi è già chiuso da un pezzo.

Facciamo però timorosamente presente che non si chiama «vittoria», ma «frode in competizioni sportive». Non «gara», ma «imbroglio». Non veicola «inclusione» ma suscita «vergogna». Non emancipa qualcuno ma penalizza gli altri. Non c'è nulla di eroico ma molto di antisportivo. Non è questione di transfobia ma di biologia.

E lui non si chiama neppure Tessa, ma Michael.

Va bene così. Del resto, un ciclista maschio che si percepisce donna e vince le gare di ciclismo femminile, è un po' come un motociclista che si identifica ciclista e vince il Tour de France.

Che poi. Basterebbe che la Federazione (scusate, odiamo le battute sessiste) tirasse fuori gli attributi e vietasse cose del genere.

Oppure che le donne si rifiutassero di gareggiare visto che talento, allenamenti e sacrifici non bastano più. Invece il problema è che l'atleta donna - sul podio accanto a Tessa sorride. Nonostante sia tutto perfettamente anormale.

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