«La strada» per la salvezza? Ha il sapore di un biscotto

I contrasti tra il libro di Cormac Mc Carthy vincitore del Premio Pulitzer del 2007 per la narrativa e il film di John Hillcoat in proiezione nelle sale italiane

Recentemente approdato al cinema per la regia di John Hillcoat, Cormac Mc Carthy torna a far parlare della sua opera a qualche anno di distanza da un altro capolavoro riportato sul grande schermo dai fratelli Coen. Se qualche anno fa ad essere preso come fonte di ispirazione fu infatti «Non è un paese per vecchi», in quest'occasione è «La strada» a immobilizzare in due ore granguignolesche l'attenzione degli spettatori che, dalle pagine dell'autore americano, appariva ugualmente paralizzata ma con un impatto meno aggressivo.
«La strada» (Einaudi, pp. 218, 18 euro), vincitore del premio Pulitzer per la narrativa nel 2007, è un nuovo day after. Stavolta è il giorno dopo l'apocalisse. Il genere umano è sterminato da una catastrofe senza fine alla quale sopravvivono in pochi. Quasi nessuno. E in quei pochi non rimane neppure il più pallido istinto di umanità. È una lotta per la sopravvivenza, drammatica sopravvivenza, costi quel che costi. E non si risparmiano esistenze umane, le ultime a popolare un pianeta in cui non esiste nemmeno più una forma di vita animale.
Con lo stile scabro e frammentato, asciutto e sincopato che caratterizza la sua scrittura, Mc Carthy descrive un mondo da brivido, fatto di ricordi angoscianti e prospettive utopistiche dove la speranza è rappresentata dal mare dove forse si nascondono ancora esseri viventi e dove probabilmente si annida l'ultima frontiera per agguantare la vita. Eppure anche in quest'ottica a tinte fosche la speranza sembra svanire proprio quando pareva raggiunta la salvezza. Il protagonista, che riesce a salvare se stesso e il figlio piccolo, muore proprio sulla spiaggia per le conseguenze di una ferita riportata in uno scontro a fuoco. E quando tutto sembrava ormai perduto intorno a quel bambino poco più che fanciullo, appaiono angeli del cielo sotto forma di salvatori che gli offrono di congiungersi a loro per la strada verso la salvezza.
Cattiveria, egoismo, rapacità, prevaricazione fino a forme di cannibalismo riempiono le pagine durissime di Cormac Mc Carthy che si chiudono però con un pallido alone ottimistico. Quello stessa speranza che la strada verso il mare aveva portato ai protagonisti e che ora, dopo innumerevoli disgrazie, sembrano voler trasmettere al lettore.

Fotogrammi sincopati nel libro tradotti in una pessima, sdolcinata e mediocre versione nel film dove, all'improvviso, nel pieno di un dramma conclusivo che ha quasi un sapore da tragedia greca, appare la happy family americana con tanto di cane docile e amorevole a offrire un'ancora di salvezza al piccolo e sfortunato superstite ormai rimasto orfano. Epilogo in carta di caramella per un'opera letteraria di pretese ben più ambiziose.

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