RomaPiù confusa e inconcludente dellItalia di Lippi, lopposizione trova in Di Pietro il suo cocciutissimo citì e nellaula di Montecitorio il proprio Sudafrica. Ora si torna tutti a casa, anche se Tonino non annuncerà laddio.
Ma la nottata passata invano nellostruzionismo al decreto legge sugli enti lirici non ha costituito né una buona tattica, né garantito il passaggio di turno. Tanto più che, alla fine di una stralunata passerella di citazioni per allungare il brodo - da Brecht a Nilla Pizzi, da Dostoevski a Tony Astarita -, è emersa chiaramente la pochezza della compagine. Una squadra in frantumi, e lontano mille miglia il prudente modulo difensivo del Pd dallindiavolata ma sterile pattuglia dattacco dellIdv. Tutto va a ramengo, e se i dipietristi lamentano che Bersani lasci sguarnito Di Pietro sulle fasce giudiziarie, gli altri reagiscono con il peggiore dei sospetti: «Non è che cercate di oscurare le inchieste contro Tonino?».
Apriti cielo: quasi peggio del sospetto che Lippi nascondesse in panchina Quagliarella per non essere messo in ombra da alcuno. Non è più neppure un sospetto, dopo la notte nella quale i dipietristi si divertono a sbertucciare lopposizione costruttiva del Pd. La realtà viene spiattellata dallex capogruppo Soro al sorgere del sole: «Se vi illudevate di dettare lagenda del Pd adottando la regola del più uno, spostando sempre più in là lasticella, vi siete sbagliati. Lagenda, oggi e in futuro, il Pd se la sceglie da solo. E non abbiamo neppure assecondato linterpretazione, che pure girava, che lIdv avesse sviluppato questa grande opposizione ostruzionistica per coprire altre questioni che erano allordine del giorno...».
La questione scotta, e sui carboni ardenti stavolta balla il padre padrone dellIdv. Il suo grande accusatore, Elio Veltri, non è uno «qualunque», il «virus» marcia diretto sul cuore della macchina organizzativa messa su da Di Pietro. Si può perciò capire come la reazione sia stata tra le più virulente e si sia attaccata al primo provvedimento nei paraggi (appunto, il dl sugli enti lirici). Dunque, innalzamento della temperatura generale con ogni mezzo. Persino la partita dellItalia è stata usata più volte come arma contundente, fino al risibile dispaccio finale dellex Pm: «Altri vedono la partita, noi siamo qui in trincea», uscito proprio mentre in aula già molti deputati (alcuni dellIdv) guardavano il pallone su i-phone e i-pad. Mossa tanto fuori luogo da suscitare lindignazione di Paola Concia (Pd), tifosa e patriota: «Che schifo questa strumentalizzazione del calcio...».
Controllando i bollettini della guerra dipietrista al mondo, si capisce facilmente lassoluto bisogno di «visibilità». Nel giro di poche ore i suoi uomini e lo stesso Tonino hanno dichiarato il dichiarabile: dalla rivendicazione di un«eversione a difesa della democrazia» a «il governo è fascista e piduista»; dal «ladrocinio di Stato da parte di persone che sono andate al potere solo per poter rubare legalmente» a «saremo in piazza con la Cgil per Pomigliano, contro lennesima porcata».
Con unasticella messa così in alto, è chiaro che non simpensierisce il governo, bensì gli stessi compagni dopposizione. Si fa perciò strada nel Pd lidea di affrontare «una volta per tutte il problema dellalleanza con Di Pietro, piantandola con la rincorsa allirresponsabilità politica...», come reclama Giorgio Merlo. Se non fosse, però, che la squadra è davvero lenta, bolsa, poco incisiva.
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