Giusto nel trentennale della morte, al «Fraschini», teatro barocco di Pavia, Fabrizio Gifuni, con un monologo da lui stesso ideato (Na specie de cadavere lunghissimo, regia di Giuseppe Bertolucci), ha reso omaggio a Pier Paolo Pasolini. E dopo avere a lungo monologheggiato, usando un montaggio di Scritti corsari e Lettere luterane e altri testi (per la serie la televisione è il nuovo fascismo, il consumismo è il nuovo fascismo), ormai calato nei panni del poeta-profeta (in senso figurato: nella realtà era, poco pasolinianamente, vestito da attor-giovane americano, ampi calzoni color ruggine e t-shirt stile garage) si è spogliato. Completamente ignudo. Così, le molte signore sedute tra i tavolini sul palco come al caffè, la categoria più numerosa in un pubblico di circa cento persone (il tutto esaurito per quel tipo di allestimento), piuttosto annoiate fino a quel punto, sono state ripagate dei dieci euro del biglietto.
In una serata che in provincia offre la routine della pizza e del cinema, mentre dopo una giornata di sole saliva un fitto nebbione, lo strip-tease engagé ha costituito almeno un brivido trasgressivo-mondano, cosa non da poco per uno spettacolo non particolarmente riuscito, che si attacca unicamente alla forza di parole già sentite e risentite. Nella bomboniera barocca del Fraschini, in cui spiccava una donna con collo della giacca in pelo fucsia e stivaletti di pelle di rettile, insieme agli abiti di Gifuni è calato il silenzio. Poi è stato riempito di commenti: «È un belluomo e basta», «Ma lo sai che è il figlio del Segretario Generale del Quirinale?», «A dire il vero ha un po di pancetta, per la sua età potrebbe fare di meglio».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.