Sui richiami di Napolitano i dubbi di doppiopesismo

Pur senza farlo personalmente, ma affidandone il compito al suo portavoce ufficiale Pasquale Cascella, il capo dello Stato ha voluto ribadire sul nostro giornale, in risposta ad una cortese lettera aperta scrittagli dal deputato di Forza Italia Raffaele Fitto, di non aver mai voluto polemizzare direttamente con il giudice Clementina Forleo. Che ha chiesto alle Camere di utilizzare nel procedimento sulle scalate bancarie del 2005 alcune telefonate utili a contestare gravi reati anche a tre parlamentari importanti dell’ex partito di Giorgio Napolitano intercettati sull’utenza dell’allora capo dell’Unipol: il segretario Piero Fassino, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema e il vice presidente del gruppo dell’Ulivo al Senato Nicola Latorre.
Pronunciato davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 23 luglio scorso, subito dopo l’iniziativa assunta dalla Forleo, il monito di Napolitano a «non inserire nei provvedimenti giudiziari valutazioni o riferimenti eccedenti rispetto alle finalità dell’atto emesso» prescinderebbe dal «caso concreto». A provarlo sarebbe il fatto che un analogo richiamo fu già fatto dal presidente della Repubblica nella stessa sede «il precedente 6 giugno», per non parlare di quello pronunciato il 1° agosto dell’anno scorso, «in epoca prossima» ad un altro fatto clamoroso. Che fu l’invasiva richiesta d’arresto dell’onorevole Fitto avanzata alla Camera dalla magistratura pugliese e ricordata dallo stesso Fitto sul nostro giornale per lamentare il silenzio allora opposto dal Consiglio Superiore e dal suo presidente. È proprio la sequenza delle date fornite dal Quirinale ad autorizzare tuttavia qualche sospetto. Mi chiedo, in particolare, perché mai il capo dello Stato non avesse ritenuto l’anno scorso di tornare sull’argomento di fronte all’aggressione giudiziaria subìta da Fitto, visto che quest’anno ha invece ritenuto di farlo, rinnovando all’indomani dell’iniziativa della Forleo contro D’Alema, Fassino e Latorre il monito lanciato ai magistrati un mese e mezzo prima, il 6 giugno. Permane il dubbio di «doppiopesismo».
A parte comunque la diversa attenzione ricevuta da Fitto e dai dirigenti dei ds, mi chiedo se non sia il caso che il presidente della Repubblica s’interroghi finalmente sullo scarso ascolto che i suoi moniti ricevono negli uffici giudiziari ai quali sono destinati.


Cambiano i presidenti della Repubblica, i ministri della Giustizia e persino gli ordinamenti giudiziari, vista la recente approvazione della riforma reclamata dal sindacato delle toghe e firmata da Clemente Mastella per cancellare quella del predecessore Roberto Castelli, ma non cambiano per niente le brutte abitudini di molti magistrati. Sembra diventato irreversibile il passaggio di 15 anni fa dalle Procure della Repubblica alla Repubblica delle Procure.

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