Qualcuno ora dirà «seppellito dai rifiuti». Qualcun altro ha già sentenziato: «Questa tragedia riporta al clima degli anni ’90», evidente riferimento agli eccellenti suicidi dell’era Mani pulite.
Giorgio Nugnes, 48 anni, moglie, due figli, un tempo Dc, poi assessore targato Pd della Giunta Iervolino, se ne va con un alone di mistero. Ieri mattina si è ucciso, impiccandosi nella sua abitazione di Pianura. In silenzio. A quanto pare solo tre messaggi lasciati ai familiari, ma di cui non è stato reso noto il contenuto.
Era finito nella bufera quattro mesi fa, Nugnes, il 4 agosto per l’esattezza, nell’ambito di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia sulle commistioni tra ultrà, politica e camorra dopo gli scontri contro l’apertura di una discarica a Contrada dei Pisani. Nulla di particolarmente eclatante di questi tempi, almeno per un politico napoletano. Soprattutto nel suo caso. L’imputazione era lieve: concorso in devastazione, e dato che era incensurato, in un eventuale giudizio se la sarebbe cavata con una pena minima destinata alla sospensione.
Secondo l’accusa, l’assessore alla Protezione civile, il giorno della battaglia, aveva fornito al suo amico-nemico Marco Nonno, consigliere comunale di An, pure lui eletto soprattutto con i voti del quartiere di Pianura, gli spostamenti dei manifestanti che contrastavano le forze dell’ordine. Lo «inchiodavano» una serie di intercettazioni telefoniche.
A trovarlo appeso all’inferriata anti-intrusione che protegge un lucernaio all’interno della tavernetta della palazzina di via Grottole, dove da anni viveva con la famiglia, sono stati la moglie e un fratello. Nugnes ci era arrivato la sera prima. Scarcerato qualche giorno dopo aveva ottenuto più tardi dai giudici il permesso di poter vivere ovunque tranne che nel suo quartiere. A quanto si sa troppo vicino, solidale, con questo politico di casa. Il Tribunale del Riesame aveva disposto che potesse rientrare nella sua abitazione di Pianura soltanto il lunedì, il mercoledì e il venerdì. Così, gli altri giorni, lui se ne stava in un appartamento affittato nella vicina Quarto.
Venerdì una mattinata passata in ufficio, in Comune, poi un pomeriggio trascorso coi giornalisti. Prima un’intervista al quotidiano Roma, quindi una visita nella sede de Il Mattino.
Un destino beffardo e tragico ci fa leggere oggi le sue ultime parole. «Sono sereno, e devo tutto alla mia famiglia. Affronterò il processo con ottimismo, sapendo che riuscirò a dimostrare la mia innocenza. Sono tornato al mio lavoro e ai miei hobby, prima di morire voglio fare il contadino».
Ecco uno stralcio del colloquio col giornale diretto da Antonio Sasso. Due ore nella redazione di via Chiatamone, dove dalle sue parole traspariva stanchezza e nervosismo: «Non sono né il regista né la sentinella negli scontri antidiscarica a Pianura - si discolpava Nugnes - e lo stesso Marco Nonno non c’entra, a modo suo è un romantico».
Parole stonate per un aspirante suicida. Lo credono anche i familiari. «Era un uomo sereno, che non navigava sott’acqua. Non riusciamo a credere possa essere arrivato a un gesto così estremo. Non ci crediamo ancora».
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