Sul «made in Italy» lite tra imprenditori

da Milano

Siparietto tra Roberto Colaninno e Alberto Bombassei, presidenti rispettivamente del gruppo Piaggio e della Brembo. Oggetto della disputa, l’importanza o meno della marchiatura «made in Italy» sui componenti destinati al mercato. Bombassei, scottato da un caso di «clonazione» dei suoi freni in Cina, ha lamentato la mancanza di indicazioni della provenienza dei componenti e la concorrenza sleale di Paesi come la Cina e il Sudest asiatico che realizzano parti a prezzi e qualità minori.
«Sono per il libero mercato - ha detto l’imprenditore, nell’incontro seguito all’assemblea di Ancma Confindustria (Guidalberto Guidi è stato confermato alla presidenza) - ma se c’è l’obbligo di origine per la frutta e la verdura, lo stesso deve esserci per i componenti che incidono sulla sicurezza dei veicoli e delle persone». Di diverso avviso Colaninno secondo il quale «per la qualità non conta la provenienza ma gli standard: i problemi maggiori nella fabbrica Piaggio in Cina sono infatti venuti da componenti italiani». Lo stesso Colaninno, interpellato sugli intrecci finanziari che lo riguardano, ha risposto che, dopo la fusione tra le due banche, non rimarrà socio di Unicredit-Capitalia.

Cederà quindi la quota detenuta dalla holding Immsi (0,4%), quando i prezzi saranno più convenienti. Un altro 0,4% è nelle mani dell’imprenditore tramite Omniaholding. Colaninno ha stimato i proventi per Immsi a circa 70-80 milioni, risorse che verranno destinate alla Piaggio.

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