La sveglia suona in ritardo

Francesco Rutelli ha detto che gli italiani devono fare le vacanze in modo diverso perché attualmente le stanno facendo come le facevano negli anni Settanta. Non si può tener chiuse le scuole tre mesi. Non si può concentrare tutto il turismo nei mesi estivi. Vero. Piero Fassino ci ha detto che è da rivedere l’intera materia dell’età pensionabile. Così non va, non reggono i conti, le finanze dello Stato non possono reggere questa situazione. Tutto da rifare. Vero. Ci chiediamo: non potevano svegliarsi qualche anno prima? Che differenza c’è tra quello che dicono ora e quello che voleva fare il governo Berlusconi nei cinque anni precedenti e che loro hanno ostacolato in tutti i modi?
Prima su qualsiasi cosa intervenisse il governo Berlusconi sventolavano la bandiera della piazza. Il sindacato in cinque anni del governo di centrodestra ha fatto il più alto numero di scioperi politici che si ricordi sotto qualsiasi governo: scioperi che non erano diretti contro qualche provvedimento specifico ma che erano appunto, politici, cioè diretti contro il governo in quanto tale. Questi fatti gettano luce sul carico di ideologia che ci siamo dovuti sorbire, e che ancora non abbiamo digerito, negli anni passati. Lo abbiamo detto spesso che tutti conoscevano l’urgenza di ciò che andava fatto ma che, solo per motivi di schieramento, non veniva appoggiato, anzi veniva osteggiato, a discapito dello sviluppo del Paese e delle riforme radicali delle quali aveva bisogno. Piero Fassino si sveglia ora dal letargo voluto sulla riforma delle pensioni e si rende conto del fatto che non può protrarle oltre. Abbiamo perso almeno cinque anni e buona parte della responsabilità ricade sulle spalle di chi ha generato un clima sociale incandescente contro l’innalzamento dell’età pensionabile.
Non si capisce bene a chi parlino Rutelli e Fassino. Certamente non parlano agli elettori del centrodestra che da sempre vogliono queste cose, hanno votato per chi le voleva fare. Certamente una parte degli elettori di centrosinistra sa bene che queste cose vanno fatte e forse anche loro vorrebbero vederne l’attuazione e non sentirne ripetere la necessità. Ma non sono questi i bersagli di Fassino e Rutelli. In questa coalizione il problema della concertazione è anzitutto all’interno di essa perché è lì che deve superare le maggiori divisioni, i maggiori ostacoli.
Verrebbe da dire: «Fatele, non ditele di nuovo». Sappiamo già cosa c’è da fare. Lo abbiamo sempre sostenuto con forza e non c’è bisogno di convincerci. Il centrosinistra ha un problema con se stesso perché ha messo insieme, per fare numero ciò che non può esser messo insieme per fare un programma coerente e in questo campo i nodi vengono al pettine appena quest’ultimo tocca i capelli e così è avvenuto.
C’è poi un altro problema che hanno i signori del centrosinistra.

Cosa c’entrano questo tipo di riforme che vanno nel senso della modernizzazione della diminuzione del peso dello Stato nei confronti della società e dell’economia con l’impostazione retrograda, inquisitoria e dannosa che caratterizza le proposte del vice ministro Vincenzo Visco? Come si fa a mettere insieme una concezione punitiva del Fisco con la necessità di libertà e di leggerezza (dal punto di vista economico e regolamentativo) di cui ha bisogno l’Italia?
A volte ascoltando questi leader del centrosinistra ci vengono in mente quelle persone che per farsi forza, e per convincersi di qualcosa, parlano da sole a voce alta con se stesse facendo finta di parlare con un altro. Devono parlare con se stessi e convincersi. Possono anche evitare di ridirci continuamente ciò che c’è da fare. Lo sappiamo già.

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