Una targa per Almerigo Grilz, ucciso perché raccontava i conflitti

Il reporter morì in Mozambico nel 1987. Ora una "missione" porterà la lapide lì dove è sepolto

Una targa per Almerigo Grilz, ucciso perché raccontava i conflitti
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Il 19 maggio 1987 veniva ucciso nella guerra civile in Mozambico Almerigo Grilz. Nel 2002, Gian Micalessin trovò il luogo di sepoltura del primo giornalista italiano caduto in battaglia dal Secondo conflitto mondiale. Quasi 40 anni dopo la sua scomparsa parte una missione per portare una targa sul luogo dove riposa in Africa. Sulla targa ricordo è ripresa una frase che aveva scritto durante il reportage con i guerriglieri della Renamo: «Mi sporgo fuori per filmarli: non è facile, occorre stare appiattiti a terra perché le pallottole fischiano dappertutto... alzare troppo la testa può essere fatale».

Nella biblioteca Marzio Tremaglia della regione Lombardia è stata presentata ieri l'iniziativa degli Amici di Almerigo, alla vigilia della seconda edizione del premio in sua memoria per i giovani giornalisti (https://premioalmerigogrilz.it/contatti/#Candidati) con il presidente Attilio Fontana, l'assessore alla Cultura, Francesca Caruso e quello alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro del Friuli-Venezia Giulia. «Almerigo era un mio grande amico, che ha girato il mondo cercando di rappresentare quello che vedeva in maniera oggettiva, pur avendo nel suo animo una impostazione politica culturale molto precisa, ma dimostrando che si può essere sempre capaci di capire e di confrontarsi» dichiara il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha voluto essere presente per la consegna della targa e la presentazione del premio giornalistico. Almerigo, prima di scegliere la passione per i reportage, era il vice di Gianfranco Fini nella dirigenza nazionale del Fronte della gioventù. E per questo è stato un «inviato ignoto» per tanti anni, in nome di un ostracismo politico ed ideologico. Ancora oggi ci sono giornalisti con il nasino all'insù e nostalgici del muro di Berlino, che lo additano come una specie di mercenario perché aveva documentato la guerra civile al seguito della Renamo, appoggiata dal Sud Africa dell'apartheid. Secondo questa assurdità non si dovrebbe andare in Libano, nelle zone controllate da Hezbollah, a raccontare la guerra con Israele oppure in Ucraina sul fronte russo, ma solo dalla parte dei «politicamente corretti».

Almerigo con Micalessin e chi scrive ha fondato l'Albatross press agency per raccontare le guerre dimenticate degli anni Ottanta. Nei primi reportage siamo partiti pensando che il mondo fosse in bianco e nero, buoni da una parte e cattivi dall'altra. Non è così e lo abbiamo capito pure nelle Filippine assieme ai ribelli maoisti, che chiamavano Almerigo «Ka», compagno.

Un «fratello» maggiore, che vogliamo ricordare con una targa senza etichette o medaglie, ma solo per quello che è stato su tanti fronti e in Mozambico «un giornalista italiano caduto mentre documentava la guerra civile».

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