Tasse, l’altolà delle banche al governo

Gli istituti: se salgono le imposte sul risparmio siano colpiti anche i Bot

Mario Attanasio

da Milano

Tommaso Padoa-Schioppa è avvisato: nessuna mossa sbagliata sul fisco. L’altolà al ministro dell’Economia arriva proprio dal «suo» mondo, quello delle banche. Che delimitano il perimetro entro il quale dovrà essere disegnata l'annunciata manovra-bis sui conti pubblici: niente «stravolgimenti», ma solo pochi, necessari «aggiustamenti» e ritocchi alle riforme tributarie varate nella scorsa legislatura. Non solo. Le banche continuano a manifestare «perplessità» sull’ipotesi di riforma della tassazione delle rendite finanziarie.
Le indicazioni degli istituti di credito sono contenute in un documento dell'associazione che li riunisce, l'Abi, che sarà formalmente approvato nel direttivo di mercoledì prossimo. Si tratta di uno strappo alla regola, cioè a quel «congelamento» dell'Associazione di piazza del Gesù deciso dagli stessi banchieri alcuni mesi fa per dedicare l’avvio del 2006 alla scelta del nuovo Presidente (Maurizio Sella ha terminato il suo mandato e proprio mercoledì arriveranno le indicazioni sul successore) e alle riflessioni sul ruolo della Confindustria del credito. L'emergenza sulla finanza pubblica, però, ha imposto una «deroga». Nella prossima riunione del gotha dei banchieri, quindi, un po' di tempo sarà dedicato anche alle richieste del settore bancario in campo tributario, per poi tornare a decidere sulla successione a Sella (sempre più insistenti le voci su una possibile nomina di Corrado Faissola, numero uno di Banca Lombarda).
Il dossier tributario è stato messo a punto dagli esperti fiscali di Palazzo Altieri in vista di un imminente incontro tra Sella e il vice ministro dell’Economia, Vincenzo Visco. E il vertice con Visco, tra altro, conferma che è proprio il diessino - sempre più regista di Via XX Settembre e meno «vice» di Padoa Schioppa - ad avere in mano il pallino sulle questioni fiscali di questo governo.
Sulle rendite finanziarie, cavallo di battaglia nella campagna elettorale dell’Unione, gli istituti di credito sottolineano gli «aspetti di indubbia delicatezza» non solo per le banche, ma anche per «il pubblico dei risparmiatori». Il riferimento, in particolare, è al paventato innalzamento dell'aliquota di base (12,5%) «applicata sui principali prodotti di risparmio». Ma è la preoccupazione per i «bilanci bancari» a far suonare il campanello d'allarme: «L’impatto negativo» sarà «tanto maggiore quanto maggiore potrà essere l’aumento dell’aliquota di base applicata ai prodotti finanziari a larga diffusione». Di qui l’auspicio di un aumento «contenuto» che in ogni caso «dovrebbe interessare tutti i titoli, sia obbligazionari che azionari» e «senza distinzioni tra emissioni pubbliche e private».
Vale a dire: Bot e Cct non posso essere tenuti fuori. Le nuove misure, poi, secondo l'Abi, dovrebbero riguardare anche i titoli di vecchia emissione per «evitare segmentazioni del mercato» e dovrebbero «essere estese» sia ai «redditi di capitale (dividendi e interessi)» sia ai «capital gain». Quanto all’Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive targata Visco, le banche vogliono una rapida cancellazione delle «discriminazioni» oggi esistenti con gli altri settori produttivi, che allargano la base imponibile con una consequenziale ricaduta sul prelievo dalla casse degli istituti. I quali sperano pure in misure più «concrete» nella lotta all'evasione e nella reintroduzione della Dit, la Dual income tax, «quale incentivo alla patrimonializzazione delle imprese».
Intanto il presidente uscente ha proprio ieri mandato un segnale diretto e forte al governo in materia fiscale: «Le banche sono imprese come tutte le altre e quindi se ci sarà una riduzione del cuneo fiscale, sia data anche alle banche.

Prima della fine del suo mandato, ha ricordato, «ci sarà l’approvazione del nuovo Documento di programmazione economica e finanziaria: l’auspicio è che le banche, che sono imprese come le altre, vengano trattate allo stesso modo».

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