Tav, l’azzardo del Prof: «Il governo s’impegna sulla Torino-Lione»

Prodi rassicura il responsabile del Corridoio 5 De Palacio. Di Pietro: «L’opera è prioritaria»

Emanuela Fontana

da Roma

Il viaggio a Roma di Loyola de Palacio, il commissario europeo responsabile del corridoio internazionale 5 e dunque dell’alta velocità Torino Lione, è stato soddisfacente. Argomento di discussione con il premier Romano Prodi: i cantieri della Tav, su cui durante la stesura del programma si erano scontrate le diverse anime dell’Unione. Ma Prodi ha offerto alla De Palacio le rassicurazioni che il commissario voleva sentirsi dire: «Il cambio al governo in Italia non comporta un cambio di strategia - ha dichiarato l’ambasciatrice di Bruxelles per la Tav italofrancese - la volontà di andare avanti con la Torino-Lione c’è». De Palacio lo scriverà nel prossimo rapporto che invierà a Bruxelles come coordinatrice del progetto Lisbona-Kiev, che comprende la linea ferroviaria nel tratto italiano fino a Torino.
Dopo l’Afghanistan, sembra che anche il cantiere piemontese segni una continuità tra il governo Berlusconi e il governo Prodi, nonostante i durissimi attacchi preelettorali. E nella maggioranza non tutti sorridono. C’è chi non ha dimenticato la battaglia a fianco delle popolazioni della Val di Susa appena cinque mesi fa, nel periodo pre-olimpico: «Nel programma sottoscritto da tutta l’Unione la Torino-Lione non è inserita come una priorità», precisa il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, smentendo così il pieno accordo apparente.
Palacio ha incontrato sia Prodi a Palazzo Chigi che il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Tutti i protagonisti hanno sorvolato, però, sull’aspetto più delicato dell’opera: il tunnel di 52 chilometri che andrebbe scavato, secondo il progetto, per collegare la Val di Susa alla Francia.
«Noi riteniamo di impegnarci al massimo - ha scandito Di Pietro - per portare avanti il progetto che riteniamo prioritario». Ha aperto a modifiche, ma non all’essenza della Tav: «Possiamo discutere di modifiche al tracciato, non del progetto». Un progetto «non chiuso», ha concordato De Palacio, augurandosi per questo tempi brevi dal governo sulla discussione nei prossimi giorni.
Prodi ha assicurato che aprirà un tavolo politico sulla Tav prima del 4 luglio, data della riunione della commissione intergovernativa italofrancese. «Il presidente Prodi - ha sottolineato De Palacio - è stato molto chiaro nel considerare l’opera prioritaria, benché ci siano ancora alcuni punti da affrontare».
Si rimetterà mano certamente alla valutazione d’impatto ambientale: «Sul piano tecnico vuol dire fare una valutazione ordinaria senza le scorciatoie della Legge obiettivo», ha detto Di Pietro senza approfondire l’aspetto tunnel: il governo Prodi ripartirà sulla Tav «dalle ultime operazioni del precedente, da un tavolo politico, un tavolo tecnico, e un tavolo istituzionale per prendere le decisioni in concertazione». Le diverse anime della coalizione devono trovare una «sintesi», secondo il leader dell’Italia dei valori, «non si può fermare un’opera essenziale per il Paese, ma neanche ignorare le giuste istanze della popolazione».
Le perplessità nell’Unione però rimangono alte, soprattutto nell’ala più radicale: «Sulla Tav non è cambiato nulla - commenta poco soddisfatto l’europarlamentare di Rifondazione Vittorio Agnoletto - siamo fermi al punto di partenza. Il vero oggetto del contendere è la galleria che collega la val di Susa alla Francia». E se i Ds mostrano «soddisfazione», c’è già un ministro, Ferrero, che pone degli alt: nel programma dell’Unione ci sono una serie di precisazioni che «non possono in alcun modo essere elusi neanche in parte. Su temi sensibili come la Tav dunque occorre attentamente evitare qualsiasi accelerazione che rischia di rendere difficile la costruzione di posizioni stabili e condivise». Da Bruxelles, il commissario europeo Franco Frattini avverte: «Credo che l’Italia non possa e non debba lasciarsi sfuggire questa occasione.

Non ci sarebbe il tempo per recuperare una decisione negativa, l’Europa sarebbe costretta a non inserire un cospicuo finanziamento comunitario per quest’opera italiana e quindi depennarlo dalla lista delle grandi infrastrutture transeuropee».

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