Il metaverso è uno degli argomenti attualmente più discussi ma non è cosa nuova né distopica. Ciò che lo proietta con regolarità agli onori delle cronache non è la sua originalità ma il fatto che, seppure in assenza di standard tecnico-tecnologici e di norme legislative, sta prendendo piede e viene adottato da un numero sempre maggiore di aziende. Procediamo per gradi
Cos'è il metaverso
La parola metaverso è stata coniata da Neal Stephenson nel romanzo Snow crash del 1992. Si tratta quindi di un termine che ha 30 anni di età e che è stato usato per descrivere uno spazio tridimensionale al cui interno le persone, mediante avatar (alter ego digitali) possono dialogare, interagire, acquistare, vendere e, più in generale, fare tutto ciò che fanno nella vita reale.
Non a caso il primo vero metaverso è Second Life, creato nel 2003 e che, nei primi anni di vita, contava un milione circa di utenti. Un mondo nel quale le persone potevano crearsi una seconda vita, fare attività, incontrare altre persone, acquistare e vendere prodotti, organizzare eventi e molto altro ancora. L'avvento dei social network ha tolto smalto a Second life che, pure esistendo ancora, è molto meno gettonato di un tempo. Le persone che lo frequentano sono circa mezzo milione, nostalgici che continuano l'esplorazione di quel mondo digitale.
Trent'anni fa Stephenson aveva immaginato il metaverso come una propaggine digitale di internet che, all'epoca, stava cominciando a diventare un fenomeno di massa.
Meta (Facebook) conta molto sul metaverso ma ci sono altre aziende che stanno investendo risorse nella conquista dello spazio digitale. Tra queste spicca l'azienda produttrice di videogame Epic Games perché, come si può facilmente immaginare, le attività videoludiche possono fungere da acceleranti per tutto il comparto: un'esperienza di gioco nella quale l'utente è completamente immerso. Non è un caso che, a gennaio del 2022, Microsoft abbia deciso di acquistare Activision Blizzard, azienda che produce e distribuisce videogiochi per la quale ha messo sul piatto 68,7 miliardi di dollari.
Zuckerberg e il metaverso
Il metaverso non esiste, nel senso che ne esiste più d’uno e quindi è più corretto parlare di metaversi, al plurale. Mark Zuckerberg, il Ceo di Meta (Facebook), ne sta facendo una ragione di vita tant’è che gli ingenti investimenti che riversa nella propria interpretazione di metaverso, insieme a problemi di altra natura, hanno un peso sul valore del colosso di Menlo Park, che sta diminuendo a vista d’occhio. Convincere gli investitori che il metaverso, ovvero qualcosa che sarà profittevole tra diversi anni, richiede budget ingenti, può essere arduo.
Eppure la visione di Zuckerberg è chiara: il metaverso sarà il "luogo" virtuale nel quale si ritroveranno miliardi di persone per fare tutto ciò che fanno nella vita reale. Un mondo parallelo fatto di avatar nel quale ognuno può essere chi desidera e vivere la vita che vuole.
Quanti sono i metaversi e come si entra
Attualmente esistono almeno 40 metaversi, Italian Tech ha censito i principali, e hanno caratteristiche diverse tra loro, se non altro nelle finalità. Si calcola (ma è soltanto una stima) che ci siano 350 milioni di persone ad animarli e questo significa che nei metaversi si può già entrare e, per accedervi, non sempre è necessario un visore Vr, quelli che si usano per la realtà virtuale o aumentata. In alcuni metaversi si può entrare senza particolari supporti, basta la creazione di un profilo utente a cui associare un avatar, un alter ego digitale che rappresenta l’utente.
Quindi l’idea di un “mondo virtuale parallelo” che affianca internet è ancora lontana da venire. Ci sono diversi “ambienti paralleli” che sono già utilizzati per le attività ludiche ma anche per scopi professionali, anche con il fine banale di organizzare un meeting tra i dipendenti di una multinazionale dislocati in decine di Paesi diversi e che possono entrare, nel medesimo momento, in un’immensa sala riunioni virtuale e fare domande, ascoltare cosa dicono gli altri, proiettare slide (reali) su pareti o schermi (virtuali).
Cosa si può fare nel metaverso
Nei metaversi si possono fare molte cose. Si può assistere a un’opera lirica, si può lavorare, si possono conoscere persone. Edoardo di Pietro lo scorso mese di luglio ha discusso la sua tesi di laurea all’interno di un’aula virtuale allestita mediante Spatial, una delle diverse piattaforme disponibili tramite le quali accedere a un metaverso.
I metaversi sono già attivi e frequentati ma tutto ciò non è ancora sufficiente. Il metaverso, quello a cui si sta tendendo, è un’estensione dell’attuale internet. Sarà un mondo virtuale, molto probabilmente un insieme di mondi virtuali collegati tra loro, che è già obiettivo di business per diversi brand. C’è chi, nel metaverso, acquista immobili, opere d’arte e capi di abbigliamento: si sta sviluppando una meta-economia con attori che cercano di accaparrarsi quote di un mercato di cui non si conoscono ancora i limiti. Ci vorranno anni per garantire la piena interoperabilità, affinché un utente possa spostarsi da un metaverso all’altro usando il proprio avatar e portando con sé tutti i suoi beni e i suoi averi.
Oltre ai problemi tecnologici che devono ancora essere risolti, occorre anche una base giuridica
condivisibile: come verranno perseguiti i reati nei metaversi? Chi sovrintenderà a fenomeni come il bullismo, l’hate speech o gli abusi? Per quanto virtuale, nel metaverso troveremo tutto ciò che di bello e meno bello c’è nel mondo reale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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