Instagram raggiunge il miliardo di utenti: ma 1 su 10 non è umano

Secondo uno studio di Ghost Data, 95 milioni di account di Instagram sarebbero falsi. Si tratta di bot manovrati da un software esterno per dialogare in rete. La loro funzione? Contribuire alla condivisione e alla diffusione di fake news

Instagram raggiunge il miliardo di utenti: ma 1 su 10 non è umano

Instagram, la popolarissima piattaforma social di Facebook, ha recentemente raggiunto un miliardo di utenti. Ma 95 milioni, cioè quasi uno su dieci, potrebbe essere formata da bot, cioè utenti che si presentano come esseri umani ma che, in realtà, sono robot programmati e manovrati da software per comunicare e navigare sulla rete. Oltre che diffondere fake news. A dirlo è uno studio condotto dalla società di ricerca Ghost Data, che va a integrare un'analisi dello stesso genere condotta nel 2015.

Due mesi dopo la cancellazione da parte di Facebook di 583 milioni di profili fake, ecco riproporsi lo stesso problema per l'altro social mainstream per eccellenza. Non Twitter, sempre meno utilizzato dal grande pubblico, ma Instagram. Il fenomeno dei profili falsi non è una novità. Già nel 2013, acquistare un pacchetto da mille follower o amici taroccati costava meno di 10 euro. Basta fare qualche ricerca su Google con richieste quali "buy twitter followers" o "buy facebook friends" o "likes" per rendersi conto che poco è cambiato. Soltanto nel 2014, il comparto della compravendita di pagine Facebook e della fabbricazione di bot - robot che navigano e pubblicano sui social fingendosi degli esseri umani - valeva 200 milioni di dollari.

Ma oggi il fenomeno dei profili fake riguarda anche Instagram. Un profilo su 10 è finto, manovrato dall'esterno per motivi che possono essere diversi. Se prima il problema consisteva unicamente nell'aumento "forzato" dei follower in ottica commerciale o di popolarità, oggi si spazia su vari fronti: dal dating, con l'aumento delle finte utenze femminili, al business delle recensioni finte, dalla propaganda alla criminalità organizzata, passando per la lotta politica. Tuttavia l'intossicazione è forte anche sul lato degli affari: basti considerare che, stando ai numeri del Ponemon Institute, il 10 per cento dei database delle aziende interpellate è costituito da falsi profili potenzialmente dannosi per la sicurezza delle informazioni. Un'utenza falsa, fasulla, prodotta in serie da software dedicati oppure creata a mano, può diventare un facile veicolo per la diffusione di fake news.

Infine, va sottolineato come sotto l'etichetta "fake" vadano profili di due tipi: da un lato quelli corrispondenti ad utenti in carne e ossa (che mettono in atto azioni precise con obiettivi chiari: dalla diffamazione allo stalking fino all'insulto, alla denigrazione generica, al "trolling" - disturbatore - politico, oppure alla promozione di prodotti), dall'altro veri e propri bot, ovvero profili automatizzati creati per un certo scopo (ritwittare solo alcuni tipi di contenuti, come nel caso dell'Isis, o adescare incauti utenti per ricattarli sessualmente) che finiscono per vivere di vita propria

senza più alcun intervento umano. Insomma, la guerra della disinformazione continua e riguarda tutti i social media. Persino Instagram, dove si tende a comunicare solo per immagini. Non si può proprio mai stare tranquilli.

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