Nei videogiochi, si sa, la fantasia non ha limiti. Dai draghi ai cavalieri, da personaggi dei film a quelli dei fumetti, si può interpretare di tutto. E ora si può giocare anche a fare Er Pelliccia, il biondino a torso nudo che, estintore alla mano, è diventato l'icona degli indignati italiani il 15 ottobre 2011. L'idea è venuta a Leonard Menchiari, 26enne toscano e ideatore di Riot. Si tratta di un "simulatore di sommosse", come lo definisce il suo "papà". Il giocatore può scegliere da che parte stare, polizia o manifestanti, e compiere le missioni che via via il gioco assegna, dallo sgombrare una zona o lottare per la causa resistendo alla polizia.
Leonard, come è nato questo videogioco?
Ho cominciato a luglio insieme ad altre due persone che però sono dovute andare via dall'Italia. Così ho continuato da solo fino a gennaio, quando a me si sono unite altre due persone. È un team che si è formato da circa un paio di settimane.
Cos'è Riot? Come è nato?
È un videogioco che simula le sommosse reali. Non è nato in un momento preciso: dopo aver visto la mia prima sommossa vera circa un anno fa, ho partecipato a diverse manifestazioni, anche pacifiche... Piano piano ho iniziato a pensare che l'unico modo di renderne il clima era attraverso un videogioco. Per realizzarlo, ho girato parecchio e preso un sacco di appunti: stiamo cercando di realizzare qualcosa di molto simile alla realtà.
Lo scopo, insomma, è quello di rendere "viva" la partecipazione del giocatore. Eppure hai scelto una grafica a 8bit, a bassa risoluzione che ricorda più PacMan che gli scenari da film dei videogames più recenti. Come mai?
È una tecnica un po' particolare, l'ho scoperta grazie al videogioco Sword&Sworcery. Ho capito che con una grafica del genere si può stimolare meglio l'immaginazione. Tra l'altro le cose più graficamente avanzate saranno datate tra pochi anni, mentre la bassa risoluzione no: basta pensare a dei giochi più vecchi come Prince of Persia o Monkey Island, che sono ancora cult.
Un modo un po' furbo per essere vintage...
Sì, ma anche un modo per funzionare con poco. E poi non è così semplice come ci si aspetta: la risoluzione è bassa, ma la gamma di colori è molto più ampia rispetto agli anni '90 e bisogna colorare ogni singolo pixel nel modo giusto. Ci sono molte più sfumature di prima.
La parola "sommossa" non ha un'accezione positiva. Non temi che possano tacciarti di essere a favore della violenza?
C'è già qualcuno che mi accusa di ciò prima ancora che esca il gioco. Non voglio istigare alla violenza, ma non voglio nemmeno nasconderla, perché comunque fa parte del gioco. Sto cercando di trovare un metodo di divertimento basato sulle dinamiche delle sommosse vere: uno può andar lì a fare il cretino e a spaccare tutto, ma se cerca di non usare violenza viene premiato.
Quindi c'è anche spazio per la trattativa?
No, una vera trattativa no: il giocatore può scegliere se fare il poliziotto o il manifestante, ma la violenza viene sempre punita. Ad esempio, se il manifestante usa violenza, la folla se ne va; se la polizia sgombera una zona menando le mani, la sua reputazione scende. L'obiettivo è quello di “proteggere” la fazione di cui si fa parte.
Come mai vi siete ispirati alle rivolte italiane?
Perché sono quelle che ho visto di più. Per ora pensiamo di inserire vari "livelli": l'Italia, la Grecia, la Spagna, l'Egitto. Poi contiamo di fare almeno due livelli per molte altre zone.
A che punto è il gioco?
Molto all'inizio: quando ho fatto il trailer, ero arrivato a un buon punto, ma da quanto abbiamo ripreso in mano il gioco abbiamo ricominciato da zero. Lo stile grafico resta quello del trailer, ma è molto più realistico. E nei prossimi giorni svilupperemo meglio la “sceneggiatura”
Al momento siete indipendenti e non siete legati a nessuna major dei videogiochi. Come vi finanziate?
Attraverso il crowdfounding. Ho provato per la prima volta il sito Indiegogo, ho messo il progetto online e la gente ci ha finanziato. Abbiamo raggiunto presto l'obiettivo di 15mila dollari. Io avevo stimato un investimento iniziale di 25mila euro e ora abbiamo superato i 30mila dollari. È un progetto personale e voglio restare indipendente. Qualche major mi ha chiesto di collaborare, ma ho rifiutato perché è un progetto che nasce dal basso e voglio dimostrare che si può fare qualcosa anche senza avere fondi. I soldi ci servono principalmente a pagare l'affitto e mangiare. Siamo in tre. In più se riesco vorrei fare anche un viaggio in Egitto e in Grecia a vedere le sommosse reali e più pesanti.
Come mai usi il termine “sommossa” e non quello più neutro di “manifestazione”?
Perché il gioco è basato su quello, sulla violenza. Però ci sono comunque dei momenti di trattativa. Ma non a voce, a movimenti di massa che possono riuscire a risolvere il tutto con meno violenza o più violenza. Per fare un esempio, se dei poliziotti decidono di attaccare la folla bastonandola quando tutti hanno le mani in alto, hanno sgombrato la zona, ma hanno perso mediaticamente, mentre la gente ha ottenuto l'attenzione che voleva. Così se i manifestanti attaccano la polizia senza motivo, la piazza si svuota immediatamente perché nessuno vuole avere a che fare con la violenza.
Tra i personaggi tra cui scegliere c'è anche quello del Black Block?
Decisamente. E nel loro caso la violenza sarà essenziale per difendere i meno violenti dagli attacchi della polizia.
Parliamo di te: come è nata la passione per i videogiochi?
Sono nato e cresciuto coi videogiochi, ma è il primo che faccio. Prima lavoravo nel cinema, facevo un po' di tutto. Ho studiato 4 anni a Los Angeles, dove poi ho lavorato per due anni e mezzo. Poi sono stato due mesi alla Valve. Comunque mi piaceva la regia, ho fatto anche qualche corto.
E Riot quando sarà disponibile sul mercato? Su quali piattaforme?
Contiamo che sia pronto entro fine anno. E comunque sarà disponibile principalmente per smartphone (Android e iOs).
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