Roma - Alta tensione alla Camera.
Al sì sul testo, su cui il governo ha incassato tre fiducie di fila e che
ora passa al Senato, si è arrivati dopo un dibattito caratterizzato da
un duro scontro tra opposizione da una parte e maggioranza e
governo dall’altra.
L’atmosfera si riscalda quando Roberto Cota, capogruppo della
Lega, difende il provvedimento come "una promessa mantenuta
agli elettori", uno spartiacque "tra chi le cose le fa e chi invece non
le fa".
L'attacco del leader del Pd Ma lo scontro tocca il picco più alto durante l’intervento di
Dario Franceschini, interrotto dai banchi del governo dal ministro
dell’Interno Roberto Maroni." Avete impedito di fatto il matrimonio tra irregolari, avete di fatto
reso impossibile l’iscrizione all’anagrafe di bambini di genitori non in
regola, bambini invisibili", tuona il leader del Pd. Qui Maroni non
resiste e urla, gesticolando visibilmente: "Basta falsità! Basta
falsità!".
La risposta di Ronchi L’opposizione insorge, mentre il presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi invita Maroni, che gli siede accanto sui banchi del
governo gremiti, alla calma. E la vicepresidente Rosy Bindi gli tira le
orecchie, richiamandolo ad "un atteggiamento consono all’Aula".
Maroni incassa il richiamo; lo stesso non fa il collega Andrea
Ronchi: prima si alza e, girandosi verso la presidenza, chiede alla
Bindi di fermarsi. Poi, rivolto ai banchi dell’opposizione il ministro
per le Politiche Ue dice "ma smettetela", e fa con il braccio il
classico gesto di chi manda qualcuno a quel paese.
La guerra degli applausi La tensione si taglia a fette, e prende forma in una guerra degli
applausi: prima quelli dell’opposizione per Franceschini, quindi
quelli della maggioranza e del governo per il presidente dei deputati
del Pdl Fabrizio Cicchitto, che inizia il suo intervento manifestando
solidarietà a Maroni. Per Cicchitto fioccano le interruzioni, che la
Bindi tenta di sedare "in modo troppo cortese", secondo Mario
Landolfi. E il capogruppo del Pdl chiude con una staffilata,
ricordando il respingimento, il 28 marzo 1997, "che comportò cento
morti albanesi. Penso con raccapriccio a che cosa sarebbe
successo qualora questo Governo fosse andato incontro ad un tale
incidente. Lo avreste dipinto come presieduto da Hitler e da
Himmler".
"Non arretreremo" E non c’è pace nemmeno al momento del voto: Luisa
Bossa (Pd) innalza per qualche secondo un cartello con la scritta: "Siamo tutti immigrati".
La querelle prosegue anche fuori dall’aula.
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