Clamorosa denuncia degli inquirenti di Bari, dopo il blitz di ieri che ha portato all'arresto di tre persone (due afghani e un pachistano), accusate di far parte di una cellula dell'Isis con collegamenti con al Qaeda. Le forze dell'ordine non sono riuscite a violare l’iPhone di uno degli indagati, come ha reso noto in conferenza stampa il pm della Dda barese, Roberto Rossi. Si ripropone anche in Italia, dunque, il tema già emerso negli Stati Uniti dopo la strage di San Bernardino a opera di una coppia di integralisti islamici: l’indisponisibilità dei codici di accesso agli smartphone più moderni anche nel caso di delicatissime indagini antiterrosimo. Nella vicenda di San Bernanrdino Apple rifiutò di collaborare con gli investigatori per decrittare il cellulare, e si arrivò allo "sblocco" del cellulare solo dopo l'intervento di una società specializzata nel settore.
Il pm Rossi ha inoltre reso noto che negli smartphone degli indagati era archiviato diverso materiale utile alle indagini. La procura barese sottolinea, inoltre, che nessun input all’inchiesta è venuto dai servizi segreti, ma che l’attività investigativa è partita da normali servizi di osservazione su strada condotti dai carabinieri.
"Da uno screen shot, una fotografia trovata su uno dei telefonini - spiega il pm - i militari sono riusciti a evidenziare come proveniva da un certo tipo di filmato, da un certo tipo di sito non accessibile a tuttì ma solo a persone che frequentano la rete internazionale terroristica jaidista. Queste indagini fatte sulla strada sono molto complicate - ha osservato Rossi - perché bisogna stare attenti da una parte a non vivere sul sospetto, però dopo le verifiche nei telefonini abbiamo trovato solamente foto del porto di Bari, dell’aeroporto, il porto di Londra, centri commerciali, foto che in genere non fanno i turisti. Quindi queste fotografie, apparentemente senza significato, legate insieme, assumono invece un significato estremamente forte e che è quello di una verifica di obiettivi sensibilì. Che da questa verifica - ha concluso Rossi - ci possano essere o no attentati, questo è un ulteriore passo, ma per la nostra legge questo è già sufficiente per dire che c’è un pericolo, e questo pericolo è punito nel nostro ordinamento".
Il magistrato ha poi sottolineato che la maggior parte delle prove "l’abbiamo trovata negli smartphone e nei dispositivi elettronici, e va detto che anche qui abbiamo trovato la stessa difficoltà che ha trovato l’Fbi, perché abbiamo sequestrato un iPhone, che non siamo riusciti a violare.
Questo è un vero problema che va posto effettivamente, perchè l’equilibrio tra tutela della privacy e tutela della persona è un problema serio che bisogna porre a livello internazionale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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