L'ordine del Cremlino ai media russi: "La pista è ucraina"

Mosca sembra escludere volutamente qualsiasi altri pista possibile, soprattutto quella dell'Isis. L'ordine ai media statali di pompare la possibile matrice ucraina dell'attacco

L'ordine del Cremlino ai media russi: "La pista è ucraina"
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A meno di ventiquattro ore dalla strage presso la Crocus City Hall di Mosca, mentre si contano ancora le vittime, il Cremlino scorge un'unica pista da seguire, quella ucraina. A nulla è valso l'avvertimento da parte di Washington agli inizi di marzo ribadito in queste ore, tantomeno ben due rivendicazioni dello Stato Islamico.

Per Vladimir Putin c'è solo Kiev dietro la tragedia della scorsa notte. Secondo la prossima rapida ricostruzione da parte russa gli attentatori si stavano dirigendo verso l'ucraina per una ragione ben precisa, ovvero era stata preparata "una finestra" per loro lì in presenza di contatti appropriati. Molti politici russi si sono espressi con forza su questo argomento, collegando direttamente l'attacco terroristico a Kiev. A dare sostegno a questa tesi, anche le autorità di Minsk: i servizi speciali bielorussi avrebbero aiutato Mosca a impedire ai presunti terroristi che hanno attaccato ieri il Crocus City Hall di uscire dai confini russi. Lo ha affermato l'ambasciatore bielorusso a Mosca, Dmitry Krutoy. Lo riporta la Cnn. “Da ieri l'interazione attiva viene effettuata attraverso servizi speciali. Il capo del Comitato per la Sicurezza dello Stato è in contatto diretto con il suo collega" ha afermato Krutoy. "E infatti il compito principale della notte scorsa era impedire ai terroristi di fuggire attraverso il nostro confine comune. Questo compito è stato portato a termine", ha aggiunto.

A rincarare la dose ha pensato il consueto falco a comando Dmitry Medvedev: vera o solo apparente la pista islamica è stata immediatamente utilizzata dall'ex presidente, per arrivare ad affermare che "se Kiev è coinvolta, uccideremo i leader ucraini". Niente in confronto al delirante invito pubblicamente rivolto a Putin da parte dell'oligarca Konstantin Malofyev che ha chiesto un attacco nucleare contro Kiev. "Diamo alla popolazione civile ucraina 48 ore per lasciare le città e utilizziamo tutte le forze e i mezzi porre fine finalmente a questa guerra con la sconfitta del nemico", ha teorizzato il magnate dei media su Telegram. Immediata la replica del governo ucraino, che ha negato oltre ogni dubbio qualsiasi coinvolgimento, così come ha fatto il Corpo dei Volontari Russi, le unità paramilitari che nelle ultime settimane hanno rivendicato diversi attacchi e tentativi di infiltrazione nelle regioni russe frontaliere di Belgorod e Kursk.

A questo si aggiunge, poche ore fa, la notizia rivelata dal sito indipendente Meduza secondo cui media russi finanziati dallo stato e filo-governativi sarebbero stati incaricati dall'amministrazione Putin di enfatizzare possibili tracce del coinvolgimento ucraino nei loro servizi sull'attacco terroristico. La notizia arriverebbe da un dipendente dei media governativi e anche da una fonte filo-Cremlino. Il servizio di sicurezza federale russo continua a ribadire che i 4 principali sospettati dell'attacco avevano pianificato di fuggire in Ucraina, dove avrebbero compiuto contatti "appropriati" dopo la sparatoria.

Della ricostruzione fin troppo veloce proposta dal Cremlino, continua a sfuggire alla logica un aspetto di base: perché mai Kiev avrebbe dovuto orchestrare un simile

piano e lasciare che i "suoi uomini" si dessero alla fuga verso il confine ucraino, più blindato che mai dal 2022, rischiando di impattare contro una linea Maginot costituita da un dispiegamento pazzesco di uomini e mezzi?

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