Un teatro di Mosca, un evento pubblico, un attentato, morti e feriti: una scena che riporta indietro al 23 ottobre 2002 e alla strage terroristica del teatro Dubrovka: uno stillicidio durato tre giorni che costò la vita a 130 persone di cui 10 bambini. Ma anche alle immagini della strage al teatro Bataclan di Parigi, quando il 13 novembre 2015 un attacco terroristico dell'ISIS causò la morte di 90 persone che stavano partecipando a un concerto. Ma cosa sta accadendo in queste ore al Crocus City Hall?
Alcuni dettagli fondamentali
Scenari simili con background decisamente diverso, la cui ombra si proietta in maniera inquietante sul futuro della Russia, appena uscita dalle elezioni della scorsa settimana. Mentre la conta dei morti e dei feriti prosegue, in attesa di comprendere gli esiti dell'operazione delle forze speciali, si fanno innumerevoli le ipotesi sulla matrice dell'attentato, mentre si fa strada l'ipotesi di nuovi attentati in luoghi pubblici nelle prossime ore. Qualunque sua la mano che ha armato i cinque uomini responsabili dell'attacco, alcuni dettagli saranno fondamentali per comprendere la matrice del colpo nelle prossime ore: 1) si tratta di terrorismo contro civili in un luogo pubblico che non "appartiene" al potere. Chi può avere interesse (e cinismo) a perseguire una causa sacrificando vittime innocenti?; 2) Gli autori dell'attacco non sono balordi improvvisati ma hanno agito come un commando di esperti in formazione paramilitare; 3) Chi ha voluto colpire in un teatro, nella folla, con quelle modalità, ha voluto evocare scientemente un certo tipo di memoria collettiva; 4) La morte di Alexei Navalny e i suoi corollari, ma soprattutto le elezioni russe, non sono eventi scindibili dall'attentato di questa sera.
La domanda d'obbligo è quella consueta in casi come questi: cui prodest?
La pista cecena
Il ricordo dell'episodio del Dubrovka rimanda immediatamente alla pista cecena, che mutatis mutandis potrebbe essersi ripresentata. Proprio da queste colonne, giorni fa, scrivevamo delle ipotesi sul futuro della Russia e dello scenario legato all'eventuale fiamma nazionalista. E di come, pensando a quanto sia improbabile la nascita di un nuovo Prigozhin, considerando l'unicità del personaggio. Tuttavia, per guardare ai nemici in casa russa basta scorrere il libro paga del Cremlino: fra i maggiori sospettati, Ramzan Kadyrov, ad esempio, in grado di destabilizzare Mosca con la bomba cecena in qualsiasi momento, qualora i propri desiderata non fossero evasi.
Ma proprio quest'ultimo sembrerebbe aver preso le distanze dall'accaduto dal suo canale Telegram: "Esprimo le mie sincere condoglianze a tutte le famiglie agli amici delle vittime del ferrato attacco terroristico di mosca. Questo tragico incidente ha causato perdite e dolori irreparabili a molte persone e condividiamo il vostro dolore e la vostra tristezza in questo momento difficile" . E ancora, la ferma condanna ai fatti: "Allo stesso tempo condanno fermamente tali atti di violenza crudeltà e sconsideratezza diretti contro civili che superano tutti i confini possibili e violano i principi fondamentali dell'umanità e dell'umanesimo. Tali atti possono essere perpetrati solo da vigliacchi da persone di bassa lega che sono coraggiosi solo di fronte a persone in difese e disarmate donne e bambini". E poi, quasi parlando al posto del Cremlino: "Le autorità competenti identificheranno perseguiranno e puniranno tutti i coloro che sono coinvolti nel più breve tempo possibile. Le misure contro i terroristi devono essere le più dure e severe".
Kiev o la guerriglia anti-Putin dietro l'attentato?
Se l'iconografia dell'attacco si presta alla pista cecena, la guerra in Ucraina riporta a piste molto più attuali rispetto a quelle che risiedono a Grozny. Il consigliere di Volodymyr Zelensky ha immediatamente respinto qualsiasi accusa eventuale, sottolineando come Kiev non è in nessun modo coinvolta nella sparatoria al Crocus City Hall di Masca, causa - al momento - della morte di almeno 40 persone. "L'Ucraina non ha assolutamente niente a che vedere con questa sparatoria. L'Ucraina non ha mai usato strategie di guerra terroristiche", ha ribadito Mykhailo Podolyak. "Ribadisco che l'Ucraina non ha assolutamente niente a che vedere con l'attacco terroristico al Crocus City", ha sottolineato.
Ma il conflitto in Ucraina non rimanda esclusivamente a Kiev, ma anche al complesso caleidoscopio della guerriglia anti-Putin che nelle ultime ore è tornata a far parlare di sè: Legione Libertà, Corpo dei volontari russi, Rospartizan, sono sigle che si sono distinte negli ultimi due anni per sabotaggi e incursioni, avendo come mandanti politici forze eminentemente russe, in patria e all'estero. Tutte formazioni che rimandano all'ex deputato della Duma Ilya Ponomarev, loro chaperon internazionale, che proprio in queste ore ospita sulla sua pagina Facebook un comunicato della Legione Libertà per la Russia che recita: "Dichiarazione ufficiale della legione della libertà di Russia. Diamo la colpa al regime terroristico di Putin per la tragedia avvenuta oggi a Mosca. Abbiamo già affrontato manifestazioni simili della dittatura del Cremlino nei primi giorni di Putin al potere e non ci stupiamo di un'altra sanguinosa provocazione. Era in preparazione un attacco terroristico e anche la sua copertura mediatica. Sottoliniamo che la Legione non è in guerra con i russi pacifici. Lo "zucchero Ryazan" è il metodo delle forze di sicurezza di Putin che non sosteniamo e contro cui combattiamo".
L'ipotesi russa
Lo "zucchero di Ryazan" fa riferimento all'esplosivo che nel 1999 divenne noto al popolo russo (il cosiddetto "esogeno") e che è legato ad una maxioperazione che puntava ad accusare i terroristi ceceni di aver imbottito i palazzi russi di esplosivo. Era il momento più importante dell'ascesa al potere di Putin: nel settembre di quell'anno ebbe inizio la seconda guerra cecena. Questo apre un'altra pista, la più inquietante: la mano del Cremlino dietro l'attentato a Mosca. "Credo quia absurdum", disse Tertulliano diciannove secoli fa. Un'ipotesi che incrocia le dichiarazioni della direzione principale di intelligence del ministero ucraino della Difesa che sostiene che l'attacco nella sala da concerti Crocus City Hall, a nordovest di Mosca sia una "deliberata provocazione del regime" di Vladimir Putin. "Si tratta di una provocazione deliberata da parte dei servizi speciali di Putin, dalla quale la comunità internazionale ha messo in guardia. Il tiranno del Cremlino ha iniziato la sua carriera con questo e vuole finirla con gli stessi crimini contro i suoi stessi cittadini", ha affermato il portavoce del Gur Andriy Yusov.
Un'ipotesi di parte, certo, ma non inverosimile. A questo si aggiunge l'allarme che era giunto dall'ambasciata americana due settimane fa, che parlava proprio di possibili attentati in sale concerto: un'indicazione che deve indurre alla riflessione soprattutto i detrattori di Washington. Chi mai annuncerebbe un pericolo simile e poi essere la mano invisibile dietro un'operazione così esecrabile a danno di civili? Nel frattempo, la Russia ha chiesto agli Stati Uniti di condividere, se ne ha, le informazioni in loro possesso sull'attacco terroristico. L'appello arriva dalla portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.
"Se gli Stati Uniti hanno o avevano dati attendibili su quanto accaduto, allora devono immediatamente trasferirli alla parte russa", ha scritto Zakharova sul suo canale Telegram. Il suo intervento segue quello del consigliere per la sicurezza della Casa Bianca Kirby, che aveva affermato che non si hanno indicazioni sul fatto che l'Ucraina o gli ucraini stiano coinvolti nell'attacco a Mosca.
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