Questa è l’altra faccia dell’inchiesta per tentato omicidio nei confronti di Patrizia D’Addario, inchiesta nata nel 2006 dalle denunce dell’ex convivente, Giuseppe Barba, che accusò la donna di averlo tamponato di proposito in autostrada per mandarlo a morire fuori strada. Nel fascicolo figurano sia le numerose denunce di Barba che quelle sottoscritte dall’ex moglie e dalle figlie che alla polizia, a più riprese, hanno raccontato delle molestie, delle tentate aggressioni e dei danneggiamenti delle loro auto ad opera dalla D’Addario. Uno spaccato inedito di questo filone processuale, che s’è concluso - in assenza di riscontri - con una sentenza di non luogo a procedere nei confronti della escort barese. Ma vediamolo questo violentissimo affaire-domestico culminato, il 13 dicembre 2006, nella denuncia di Barba alla polizia.
«CI HA BUTTATO FUORI STRADA»
«Nell’area di servizio di Canne della Battaglia sulla A/14 la mia auto veniva urtata sulla fiancata laterale da una 147 con alla guida Patrizia D’Addario che mi fissava con espressione minacciosa». Dopodiché, tornato in autostrada, «venivo sistematicamente tamponato dalla 147» fino a quando «vicino Bitonto mi ha urtato nella parte sinistra con l’intento di farmi uscire di strada, cosa che si è verificata». Anche Michaela S., amica di Barba presente nell’auto dell’uomo, aggiunge a verbale: «... ci ha raggiunto iniziando a tamponarci, zigzagando con l’intento di farci uscire di strada, ho chiamato il 112 (...)».
«LO SGUARDO SPIRITATO...»
«La stessa riusciva nell’intento. Ho pensato che fosse finita per me. Ricordo che quando ha urtato l’auto al distributore, aveva lo sguardo spiritato...». Ad aiutare la D’Addario a uscire indenne dal processo, una ritrattazione di Barba, che fa seguito a una precedente raccontata sotto interrogatorio il 9 giugno 2006: «L’ho ritirata perché piangeva e gridava al telefono, perché aveva paura che le togliessero la bambina, allora mi sono fatto uno scrupolo di coscienza, le dissi: “Va bene, l’importante è che te ne vai”...». Un rapporto, quello fra Patrizia e Giuseppe, costellato dalle denunce. Il 21 agosto 2003, Bernardina M., moglie di Giuseppe Barba, rivela alla polizia: «Ero in auto con mia figlia quando la D’Addario, accortarsi della mia presenza, cambiava direzione di marcia, indirizzando la sua auto a tutta velocità, con chiare intenzioni di collidere con la mia macchina (...). Da quando ho scoperto la relazione che ha con mio marito sono iniziati i problemi. Da fine giugno per due volte (la D’Addario, ndr) ha chiamato a casa, parlando una volta con me, soprattutto con mia figlia: “Vi devo distruggere. Digli a tua madre che è una grandissima puttana troia”». Due mesi dopo, il 24 ottobre, nuova denuncia al commissariato Bari-Nuova.
«TI DEVO PORTARE LE MUTANDINE?»
«Mi continuano ad arrivare telefonate, la voce che ho riconosciuto con certezza è quella della D’Addario. Diceva: “Puttana, mi sto scopando tuo marito, sentilo come gode... tu non ci sai fare, sono più troia io di te (...)”. Poi a mia figlia (...) di 11 anni, al telefono, ha detto: “Tesoro vuoi che ti porto le mutandine?”». A dicembre la signora Bernardina scopre che il marito e la D’Addario sono di ritorno da un viaggio all’estero. Si reca con la figlia in aeroporto, dove viene aggredita dalla D’Addario: «Le ho chiesto di poter parlare con mio marito, lei senza alcuna giustificazione iniziava a urlare e a offendere: “Sei una lesbica, fai gli scambi di coppia!”. Dopodiché “manifestava odio e rabbia anche nei confronti di mia figlia poiché la donna cercava di assalirla cercando di tirarle i capelli, senza riuscirvi, grazie all’intervento di un militare». Passano due anni, e il 2 aprile 2005 la moglie (in via di separazione) di Barba si reca in commissariato. «Il 24 marzo mia figlia (...) di 17 anni ha ricevuto una telefonata dalla D’Addario che le diceva di stare molto attenta perché se l’avesse trovata per strada le avrebbe tagliato la faccia (...). Il 27 marzo, sempre mia figlia, ha risposto al citofono: era la D’Addario: “Siete delle puttane e marchettare, ve la farò pagare”».
«SE TI PRENDO, T’AMMAZZO»
L’altra figlia di 20 anni, presa a verbale il 19 aprile, aggiunge: «Prima di Ferragosto sul cellulare di papà arrivò un sms della D’Addario che diceva: “Se non torni per Ferragosto mi faccio di cocaina”(...). Poi da dicembre iniziarono le sue telefonate sui nostri cellulari. Ricordo... “puttana, marchettara, tuo padre mi ha comprato un appartamento, alla fine distruggerò tuo padre” (...). Dopo le festività pasquali incontrai la D’Addario in viale Einaudi. Mi disse urlando: “Se ti prendo ti ammazzo”. Per evitare che la situazione degenerasse mi allontanai col motorino». Il 29 aprile, sempre la ragazzina, fa un altro verbale: «Al semaforo venivo raggiunta da un’auto Honda Crv (...). La conducente D’Addario ha iniziato ad avvicinarsi e stringermi verso destra tanto da farmi cadere rovinosamente a terra...».
«FREQUENTAVA ASSESSORI...»
Il 19 settembre 2005 è Giuseppe Barba a dire la sua al commissariato di San Nicola. Spiega che con la D’Addario c’era una relazione, ma niente di più. «E quando ho cercato di allontanarla perché sapevo che si vendeva, ogni volta mi minacciava, dicendo che sarebbe andata dalla polizia». Precedentemente, col pm che lo interrogava, Barba s’era lasciato andare a una confidenza politica: «Quando ho iniziato a conoscerla ho visto che si circondava di persone, da assessori, mai un’amica donna... E ho iniziato a capire». Uno dei tanti episodi molesti, a dire di Barba, avvenne a casa dei suoi genitori: «Urlava contro i miei dalla strada: “A tuo figlio lo devo ammazzare col coltello”».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.