Toh, Saviano parla di poesia in televisione (e non annoia)

Ieri sera, su Raitre, a Che tempo che fa, Roberto Saviano ha reso, senza volerlo, un cattivo servizio a se stesso. A se stesso come scrittore, non come lodevole (e stucchevole) Savonarola anti-camorra. Che cosa ha fatto, raccogliendo l’invito di Fabio Fazio? Ha parlato di letteratura, di poesia. «Roberto ora ci sorprenderà perché è venuto qui a promuovere un libro», ha sussurrato il padrone di casa, e, dopo la pausa teatrale, ha proseguito: «Solo che il libro non è suo. Roberto, hai 12 minuti».
E il Roberto li ha usati benissimo, quei dodici minuti (con buonissimi ascolti peraltro: 5 milioni e 400mila spettatori, con il 17,34% di share). Parlando di Wislawa Szymborska, la poetessa polacca premio Nobel nel ’96, scomparsa l’1 febbraio scorso. È vero, il Roberto non ha detto che è morta. Magari se n’è dimenticato, però quel che conta sono i fatti, ed è un fatto incontrovertibile che i poeti non muoiono mai, al limite scompaiono, ma un bel giorno torneranno. Poi ha ricordato le parole con cui la Szymborska commentò il riconoscimento dell’Accademia di Svezia: «Essere poeta è imbarazzante»; «Non sono mai riuscita a dare risposte, provo a declinare il non so». Poi ha letto la chiusa di una poesia dedicata alle vittime dell’11 settembre che fa così: «Solo due cose posso fare per loro/ descrivere quel volo/ senza aggiungere l’ultima frase». Poi ha citato ancora da Scrivere un curriculum. Il curriculum, senza dubbio fra le cose meno poetiche del mondo... E infine il Roberto ha detto una cosa non da Savonarola né da scrittore. L’ha detta da lettore: «I traduttori per i poeti non sono traduttori, sono genitori». Si riferiva a Pietro Marchesani, traduttore di La gioia di scrivere, volume che comprende tutte le poesie della Szymborska (Adelphi). L’ultima parola l’ha lasciata, da signore, alla Signora, per «quello che è il più bel verso del Novecento sull’amore». Eccolo: «Ascolta/ come mi batte forte il tuo cuore».
Ora, perché Saviano ha reso, senza volerlo (se l’avesse fatto di proposito sarebbe davvero un genio), un cattivo servizio a se stesso? Perché prima aveva parlato di camorra da scrittore, aveva illustrato che cos’è la «mesata», aveva detto di provare «empatia» (!) con il ministro dell’Interno, aveva detto che il governo «deve riportare il denaro della camorra alla società civile» perché la crisi stringe. Robe così, robe di cronaca. Robe importanti ma anti-letterarie.

Robe che fanno passare la già pochissima voglia che uno ha di andarsi a leggere Gomorra, che fino a prova contraria è un libro. Perché devo leggere Gomorra se Saviano ogni cinque minuti è in tv a parlare di camorra? Bravo Roberto, questa volta non hai parlato di te. Miracoli della poesia.

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