Essere fallibili, sbagliare, ed evolvere attraverso tentativi ed errori è alla base di un sistema politico libero. Lo stesso vale per l'essere scettici, ossia essere certi soltanto del fatto che non esiste una Verità assoluta a cui tutti devono adeguarsi come chierici osservanti. Anzi, l'unica certezza che dovrebbe guidarci è che una tale verità assoluta non ci sia. Questi sono i concetti alla base della tolleranza, idea fondamentale per l'Occidente e per chi tiene alla salvaguardia della libertà. In un agile e brillantissimo saggio, Tolleranza (Liberilibri), Luigi Marco Bassani ripercorre la nascita e lo sviluppo di questo concetto così importante per il mondo occidentale. Ne mostra le radici storiche, la sua evoluzione, le conseguenze politiche e l'influenza determinante nella creazione mondo moderno.
La parte più succosa del libro la troviamo quando Bassani rivolge la sua attenzione al nostro tempo in cui la tolleranza è diventata, incredibile a dirsi, intollerante! Attraverso una falsa idea di tolleranza dell'altro, infatti, si cerca di proibire tutto ciò che può ferire, che può generare vittime, che può essere anche di minimo disturbo a chicchessia. Basta una parola sbagliata, all'apparenza scorretta, e subito l'intolleranza dei tolleranti colpisce chiunque, mette al rogo (per adesso solo metaforico!). Ma in questo modo si finisce nell'inferno del pensiero unico. E per chi ama la libertà, l'inferno non può essere altro che un pensiero unico che in nome di un qualche Bene assoluto, di una qualche Verità, non ammette divergenze. Questa, in fin dei conti, è l'immagine dei totalitarismi che pretendono che tutti gli individui vadano nella stessa direzione pensando la stessa cosa. Il politicamente corretto non è uno slogan vuoto ma, scrive Bassani, «una sorta di catechismo civile, che ha come funzione primaria quella della costruzione di una censura a monte di ogni pensiero espresso o addirittura abbozzato in silenzio. Nessun partecipante al discorso pubblico dovrebbe mai poter essere dubbioso sulle grandi questioni che riguardano le discriminazioni etniche, di genere o fisiche, perché tutto è già stato reso asettico e pronto all'uso. Non è una degenerazione o rigenerazione del linguaggio, né la vittoria della cortesia sulla maleducazione, ma la costruzione di una vera e propria ideologia».
Bassani mostra con chiarezza come questa dittatura si sia quasi realizzata nelle università: «nei campus americani si parla sempre più di diritti delle minoranze, e delle persone LGBTQ, femminismo, lotta al patriarcato e, in generale, dei temi tipici della
post-sinistra progressista le camicie nere e le guardie rosse che l'America si era risparmiata nel secolo breve compaiono in questi anni nei campus impedendo di parlare a oratori non allineati e intimidendo professori dissenzienti».
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