Tor San Michele, dalla spazzatura al riscatto

Si prospetta un futuro degno della sua storia per Tor San Michele, che si erge tra l’Idroscalo e il porto turistico lidense. Percorrendo via degli Atlantici si mostra all’improvviso, nel mezzo di un’area recintata, un mastio, vero gioiello di architettura militare del ’500. È Tor San Michele, opera attribuita a Michelangelo, solenne, maestosa, al tempo stesso elegante per le linee architettoniche pure e funzionali. Dal 1994 di competenza della Soprintendenza per i Beni Ambientali, è da anni assediata dai rifiuti.
Dal 15 settembre verrà consegnata al Municipio XIII, il cui intento è quello di farne, unitamente ai 5 mila metri quadrati dell’area circostante, un polo per la valorizzazione di Ostia ponente. Necessariamente dovrà essere oggetto di un attento restauro - l’ultimo risale al 1930 quando venne utilizzata come faro - per il quale il Campidoglio, tramite il vicesindaco Cutrufo, ha preannunciato la disponibilità dei fondi necessari. Tra le ipotesi di utilizzazione è allo studio quella di un collegamento culturale con il prospiciente parco dedicato a Pier Paolo Pasolini.
La sua costruzione fu sollecitata da Martino D’Ajala - console dei marinai e dei mercanti di Roma - a Pio IV (1559-1565) per la difesa della foce del Tevere. Così nell’ottobre 1567, sotto Pio V, iniziarono i lavori. Il progetto fu affidato, sei anni dopo la morte del Buonarroti, a Nanni di Baccio Bigio, mentre Martino D’Ajala sovrintese alla direzione dei lavori. La torre, impostata su un solido basamento, è alta 18 metri e si sviluppa su 3 piani delimitati da cordoni in travertino. Terminata nel 1570, appariva come una compatta massa laterizia priva di qualsiasi apertura esterna, se si eccettuava la porta, rialzata 4 metri da terra, cui si accedeva tramite una scala volante o un ponte levatoio. All’ingresso si trovavano il posto di guardia e 8 alloggiamenti, mentre al primo piano c’erano le camere del castellano e dei comandanti. Caratteristica della Torre fu di essere superiormente, nella piazza d’armi, del tutto casamattata.

Fu una straordinaria innovazione: eventuali proiettili con traiettoria orizzontale, neutralizzati dalle strutture murarie verticali, venivano allontanati grazie alla scarpata, mentre quelli curvi erano convogliati dalla copertura inclinata verso l’interno, nel fondo del pozzo, dove il livello dell’acqua era mantenuto costante mediante canali costruiti per assicurare anche l’approvvigionamento idrico alla guarnigione. Dal 1570 assunse la funzione di salvaguardia della navigazione marittima sul Tirreno. Durante la seconda guerra mondiale fu postazione tedesca e degli alleati.

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