da Torino
«Serve una nuova classe dirigente». È questa la parola dordine della Casa delle libertà a Torino. La sensazione è che la stagione dei mea culpa per la candidatura dellex ministro Rocco Buttiglione non sia ancora alle spalle, anche se dalle prime dichiarazioni nel Polo serpeggia la rabbia di un animale colpito ma non ancora vinto. Il giorno dopo la sconfitta i rappresentanti di An, Lega, Forza Italia e Udc si leccano le ferite e guardano avanti.
Per il portavoce nazionale dellUdc Michele Vietti «lautocritica è inevitabile», ma la scelta del presidente Buttiglione ha «evitato la disarticolazione preventiva del centrodestra, in una difficile campagna elettorale contro un candidato che partiva fortemente avvantaggiato».
Anche secondo il leader leghista Roberto Cota «bisogna ammettere sinceramente che «Chiamparino come persona ha saputo interpretare benissimo la piemontesità, a prescindere dal suo programma». Grazie alle Olimpiadi, secondo Cota, Chiamparino «si è costruito unimmagine positiva che ne ha fatto una corazzata imbattibile da chiunque». Per luomo del Carroccio adesso bisogna «sviluppare un progetto politico alternativo» e tirar fuori una classe dirigente («penso per esempio al nostro consigliere, Mario Carossa») che sappia interpretare le istanze della città. Sulla stessa linea anche il coordinatore regionale Guido Crosetto (Forza Italia): «La palestra del prossimo candidato sindaco del centrodestra dovrà essere il Consiglio comunale. I nostri consiglieri Coppola, Mina e Ferrari, ad esempio, rappresentano una generazione di trenta-quarantenni dalla quale noi ripartiremo». Per Crosetto «la vittoria dellUnione non nasce con Chiamparino, ma 13 anni fa, quando con lallora sindaco Castellani si è realizzata unalleanza innaturale tra i poteri forti e la sinistra. Unalleanza che noi dobbiamo spaccare». Secondo Agostino Ghiglia (An) lerrore è stato costruire una candidatura unitaria quando ormai era tardi. «Io stesso - dice lesponente di An - il giorno dopo la sconfitta alle elezioni regionali ho avvisato gli alleati della necessità di interpretare subito e bene una serie di segnali negativi che arrivavano dal nostro elettorato». Adesso però «serve maggiore radicamento sul territorio, le logiche nazionali arrivano dopo.
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