È tornato il Vangelo pop di Webber

È tornato il  Vangelo pop di Webber

Niente atmosfere anni ’70, parrucche ricciute o pantaloni a zampa di elefante. I venti cantanti-attori che martedì, al Brancaccio, daranno vita alla prima romana di Jesus Christ Superstar (in scena fino al 16 dicembre) avranno piuttosto una «mise» più vicina ai nostri giorni, in particolare estivi: canotta, bermuda e infradito. Attualizzare il celebre musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice è la scommessa di Fabrizio Angelini, regista e coreografo dello spettacolo prodotto dalla compagnia della Rancia che, è l’altra novità, viene proposto nella traduzione italiana di Michele Renzullo e Franco Travaglio.
«Tutto è nato con una domanda - racconta il regista, vero specialista del musical -, vale a dire: se Gesù tornasse sulla terra, tra chi nascerebbe? Ecco, è ragionevole pensare che oggi Cristo sarebbe tra gli emarginati, i clandestini, le prostitute, i disoccupati. Per questo lo sfondo scenografico è una spiaggia, di fronte al mare: rappresenta l’approdo e la speranza, e questa idea mi è venuta quando in televisione scorrevano le immagini degli sbarchi di immigrati sulle nostre coste».
Nel ruolo del Messia, interpretato nella pellicola del 1973 da Ted Neeley, ci sarà Simone Sibillano, mentre Giuda (Carl Anderson nel film) sarà Edoardo Luttazzi e Maddalena avrà il volto di Valentina Gullace. «Il personaggio di Cristo è carismatico e speciale per chi gli sta intorno - spiega ancora Angelini -. Alcuni, da Giuda a Simone Zelota, vedono in lui un leader politico in grado di guidare la loro riscossa. In realtà è una figura molto umana, ed è facile per lo spettatore immedesimarsi con i vari personaggi». Il cast è stato selezionato attraverso le audizioni a cui lo scorso anno, a Roma e Milano, hanno partecipato più di mille artisti. «Il tentativo - prosegue il regista - è avvicinare le atmosfere e i racconti di 2mila anni or sono, rivissuti 30 anni fa, al giorno d’oggi. Anche la traduzione mira a far sì che l’opera arrivi direttamente al pubblico: le parole sono così importanti che abbiamo preferito togliere la mediazione dei sottotitoli».


Alle liriche di Rice si unisce la musica originale di Webber, eseguita dal vivo da un complesso di sette elementi. Alle parole e al significato di ciascuna scena si legano poi in maniera stretta i movimenti coreografici, studiati assieme agli attori perché potessero essere il più possibile veicoli di emozioni.

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