Tracey Emin, l'artistar sola e sensuale

A Firenze una grande mostra celebra l'inglese, fra provocazioni ed erotismo

Tracey Emin, l'artistar sola e sensuale
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da Firenze

Tracey Emin, ex ragazzaccia dell'arte da poco insignita del titolo di Dame da Re Carlo d'Inghilterra, è arrivata dall'Austria, dove si trovava per un ciclo di incontri, per occupare con il suo linguaggio esplicito gli spazi rinascimentali di Palazzo Strozzi, a Firenze, per quella che è la più grande mostra a lei mai dedicata in Italia. «Non una retrospettiva, una rassegna: non procede in ordine cronologico, ma tematico», puntualizza il direttore generale di Palazzo Strozzi Arturo Galansino, che della mostra è anche curatore. E se dovremo aspettare il prossimo anno per la consacrazione alla Tate di Londra con una grande esposizione per i suoi quasi 40 anni di carriera, va detto che questa «operazione Tracey» con un'opera site specific e una monumentale scultura in bronzo nel chiostro è ampiamente riuscita. A cominciare dal titolo: Sex and solitude (dal 16 marzo al 20 luglio, con bel catalogo confezionato da Marsilio Arte). Quindi sì, tra le sale del primo piano di Palazzo Strozzi, ci sono tanti nudi espliciti, c'è molto erotismo (e autoerotismo) e infatti la visita della mostra, dice l'opuscolo, è consigliata ai minori di 14 anni solo se accompagnati.

Non una novità, per chi conosce «il genere Tracey». Ma poi c'è molto altro, ed è ciò che posiziona Emin venti spanne sopra tante altre artiste-attiviste-femministe dalla sua generazione (è del '63): nella sessantina di opere tra pitture, lavori su tessuto e sculture, tutte provenienti da collezioni private da mezzo mondo, non c'è mai, nemmeno una volta, anche nelle opere più intime (le poesie al neon) e persino in quelle più sguaiate, un atteggiamento ombelicale o narcisistico. Eppure, a spulciare la biografia, l'artista ne avrebbe di materiale per piangersi addosso: nata in un sobborgo di Londra da padre turco-cipriota e madre inglese di origine rom, presto si trasferisce sulla costa del Kent, a Margate, dove passa anni turbolenti (una violenza quando ha solo 13 anni, la fuga da casa a 15). La tempra non le manca: arriva a diplomarsi al Royal College of Art di Londra, anche se la vita sentimentale è un roller-coaster. Esemplare di quel periodo: My Bed, installazione del suo letto tra pasticche, bottiglie e preservativi, presentato alla Tate alla fine degli anni Novanta. «Onestà e sincerità sono le due parole chiave di questa mostra a Palazzo Strozzi e di tutta l'arte di Tracey Emin», dice Galansino. E in effetti l'artista, ormai artistar, riesce nel miracolo di regalarci un'arte senza filtri in cui il suo sex and solitude si trasforma in utile ed efficace specchio del mondo fuori. «Perché credo che chiunque abbia provato entrambi», dice.

Ma veniamo al percorso espositivo: un neon azzurro con la frase che dà il titolo alla mostra ci accoglie nel portone principale di Palazzo Strozzi. Dalla strada si intravede la monumentale scultura in bronzo, I followed you to the end, del 2024, già destinata a un museo olandese: è una figura femminile che domina lo spazio razionale del cortile rinascimentale (non è grande come «la vecchia signora» che ha ideato per Oslo, ma l'impatto è significativo come l'impegno necessario a calarlo dall'alto per farlo entrare nella corte). Al piano di sopra domina la pittura, con quel misto di figurazione e astrazione dove i modelli amatissimi (Munch e Schiele) sono evidenti: la figura umana è bistrattata sulla tela e le pitture che appaiono ritoccate tante volte sono metafore esistenziali potentissime e struggenti. Nella seconda sala il passaggio più toccante: è stata ricostruita la potente performance Exorcism of the last painting I ever made, realizzata nel 1996, in un momento delicato dell'esistenza dell'artista. All'epoca, durante la gravidanza, aveva dovuto interrompere l'attività pittorica perché l'odore della pittura ad olio le faceva venire la nausea: l'aborto successivo terrà Emin lontana dall'arte a lungo, vari anni («come con il sesso, alterno periodi di astinenza a periodi di attività», dice). Finché, chiusa in una stanza, ora riprodotta fedelmente, ha ripreso a dipingere senza sosta dipinti e disegni.

Vedere, dopo quasi trent'anni, questo spazio di rinascita è di notevole impatto, specie considerato ciò che Tracey Emin ha da poco passato, ovvero un cancro aggressivo che ha richiesto un'operazione invasiva (con rimozione di parte della vagina, di parte dell'intestino e altro ancora di cui lei non ha mai fatto mistero). «Ma io sono ancora qua. L'arte mi ha salvata ancora una volta.

Sono viva, sono a Firenze, sto facendo una mostra importante in una città straordinaria: forse sono morta e questo è il Paradiso», ha detto con quel sorriso beffardo di chi molto ha vissuto e che ora considera quello che le sta accadendo (riconoscimenti e quotazioni stellari) «una giusta ricompensa».

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