GianMarco Chiocci - Massimo Malpica
Guarda tu le coincidenze. Nel giorno in cui il Tar sospende il regolamento Agcom sulla par condicio nei talk show delle tv private in campagna elettorale, esce la notizia che Silvio Berlusconi e il commissario di quella stessa Authority contro cui si è pronunciato il Tar, Giancarlo Innocenzi, sono indagati per concussione dalla Procura di Trani. Concussione ai danni di chi, però, non si capisce. Secondo quanto ipotizza il pm Michele Ruggiero i due indagati avrebbero tramato per chiudere una serie di «pollai» televisivi, a cominciare da Annozero condotto da Michele Santoro, passando poi per la trasmissione di Serena Dandini (Parla con me), per quella di Giovanni Floris (Ballarò) e per quant’altro di sgradito sul piccolo schermo al capo del governo. Sul registro degli indagati, col medesimo titolo di reato, c'è finito anche Augusto Minzolini, direttore del Tg1, che però col «filone Santoro» non ci azzeccherebbe niente. In tutto sarebbero una decina le persone a vario titolo finite sott’inchiesta. Fra le richieste d'interdizione dei pubblici uffici il Pm una l'ha già inoltrata per Innocenzi, mentre è giallo su un analogo provvedimento nei confronti di Berlusconi.
L’ELENCO DEGLI INDAGATI
Per capirci qualcosa occorre partire da lontano. Perché l’inchiesta nasce e si sviluppa per tutt’altri motivi, roba d’usura e di piccole truffe. Nonostante ciò poi si allarga e finisce nei palazzi del governo e della Rai. Centinaia le telefonate fra persone coinvolte e non coinvolte trascritte nei brogliacci della procura. Tutte ascoltate per mesi - stando alle indiscrezioni pubblicate dal Fatto Quotidiano - dalla Gdf di Bari già impegnata nel caso D'Addario-Tarantini. Fra queste c’è anche Minzolini, che solo tre mesi fa era stato ascoltato in Procura in qualità di testimone insieme a Innocenzi, così come nella veste di «testimone» erano stati presi a verbale l'ex direttore di Rai Uno, Fabrizio Del Noce, e Andrea Ambrogetti, direttore per le relazioni istituzionali di Mediaset. La domanda, a questo punto, scatta automatica: ma se le prime telefonate incriminate risalgono ai primi di dicembre e l'interrogatorio dei testimoni è cristallizzato al 17 dello stesso mese, com’è stato possibile intercettare una persona non indagata (quale era Minzolini) che non avrebbe avuto alcun tipo di rapporti con i truffatori delle carte di credito che al telefono dicevano di conoscere gente al Tg1 e all'Agcom? Ancora un passo indietro.
IL BLUFF SU «MINZO»
L'inchiesta, come detto, si concentra sui presunti tassi d'usura sui debiti in mora applicati per le carte di credito «revolving». A ottobre due avvisi di garanzia vengono spediti al direttore dell'American Express, Massimo Quarra, e al responsabile legale, Francesco Fontana. Le accuse spaziano dal concorso in usura alla truffa aggravata, e si riferiscono alla gestione delle «credit card gold» sui cui finiscono applicati interessi stellari, pari al 250 per cento rispetto al tasso limite stabilito dalla Banca d'Italia del 25,23 per cento. Dalle «gold card» la Procura passa poi a sequestrare l'intera documentazione inerente le carte revolving «blu» distribuite nell’hinterland di Trani.
LA FILIERA E IL MEMBRO CSM
I telefoni monitorati dalla guardia di finanza, nel frattempo, cominciano a «parlare». Qualcuno insiste a dire di aver contatti all'interno dell’Agcom e del Tg1, garantisce che lo scandalo si può tenere nascosto, anche mediaticamente, attraverso alcuni giornalisti amici. Esce così il nome di Minzolini (che per questo motivo finisce sotto intercettazione) ma chi lo cita, millanta, posto che il Tg1 di Minzolini è l'unico telegiornale che poi farà proprio un servizio sullo scandalo della carte di credito revolving. Qualcosa non quadra. Intanto a forza di allacciare telefoni gli inquirenti risalgono a Innocenzi e alla filiera che, telefonata dopo telefonata, conduce dritto al premier. Che da quel momento in poi viene ripetutamente intercettato mentre parla con Innocenzi, (a sua volta in stretto contatto con Mauro Masi, direttore generale della Rai) al quale gira la sua rabbia per la faziosità delle trasmissioni. E così le reiterate lamentele di Berlusconi, a cui fanno seguito cinque lettere-esposto contro Santoro, «convincono» il pm a stralciare il filone delle «pressioni» che vedrebbe coinvolto anche un noto magistrato - del Csm o dell’Anm al momento non è dato sapere - che al pari di Masi e di Innocenzi avrebbe partecipato alla stesura di una sorta di lettera-capestro da far firmare al presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò, per permettere a Masi di mettere all’angolo Santoro. Lettera che nella sua bozza finale prevedeva, secondo il pm, una sorta di costosissima penale, in caso di querela, a carico del conduttore. Dettagli che peraltro in quei giorni erano già usciti a proposito del contratto della Gabbanelli.
MANETTE IN ARRIVO PER TRE
E se il premier avrebbe chiesto a Innocenzi di «fare qualcosa» per sanzionare quei programmi (in particolare le puntate su Mills e sulla trattativa fra stato e mafia presente Ciancimino jr) quanto a Minzolini questi si sarebbe detto disponibile a distruggere il pentito Gaspare Spatuzza (che per la cronaca, in aula, s'è distrutto da solo).
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