Le "gigafactory" sbarcano in Europa

Stellantis annuncia la gigafactory in Italia per produrre a Termoli le batterie per le auto elettriche. E anche tante grandi case produttrici scalpitano. La rivoluzione avverrà con gradualità?

Le "gigafactory" sbarcano in Europa

Nella giornata di mercoledì 23 marzo Stellantis e il Ministero dello Sviluppo Economico hanno concluso l'accordo per lo sviluppo della prima gigafactory italiana che porta anche il nostro Paese nella partita dell'auto elettrica di frontiera. La città molisana di Termoli, sede di un importante polo produttivo Fiat, sarà scelta del consorzio tra Fca e Peugeout per dare il via libera all'edificazione di un impianto dedicato alle batterie elettriche. Il Sole 24 Ore sottolinea l'importanza dell'affare notando che mobiliterà "un investimento da 2,3 miliardi di euro per realizzare in Italia, come in Francia e in Germania, una fabbrica di batterie a marchio Stellantis. Dal Governo italiano arriveranno aiuti per 370 milioni, tra Contratto di sviluppo e agevolazioni fiscali per il Piano Transizione 4.0" che segnaleranno l'importanza data da Roma a un piano strategico ritenuto importante per portare nella Penisola l'industria di frontiera.

A realizzare materialmente l'impianto sarà Automotive Cells Company (Acc), società operante specificamente nel campo della mobilità sostenibile ed elettrica fondata due anni fa da Stellantis e TotalEnergies/Saft, a cui nei prossimi mesi si aggiungerà come partner Mercedes-Benz.

Il piano di Stellantis, quarto gruppo automobilistico al mondo per produzione e fatturato, è quello di mettere sul mercato stabilmente cnque milioni di veicoli elettrici a batteria,nel 2030, raggiungendo con le auto full electric il 100% del mix di vendite di autovetture in Europa e il 50% di auto e commerciali leggeri negli Stati Uniti. Investire nella gigafactory a Termoli mira a posizionare, in prospettiva, la società in vista di questo obiettivo. La mira è garantire entro il 2030 un passaggio da una capacità pianificata di potenziale delle batterie di 140 GWh a una di 400, garantendo per ottenere questo target che entro lo stesso anno Acc porti la sua ad almeno 120 gigawattora (GWh).

Non stiamo parlando di un progetto unico in Italia. Come riporta SicurAuto, "a contribuire alla produzione di batterie per auto elettriche e, quindi, alla riconversione della filiera produttiva del settore automotive sarà Italvolt che ha già presentato il progetto della nuova Gigafactory che sarà realizzata nell’area dell’ex stabilimento Olivetti di Scarmagno, in Piemonte" con capacità di 45 GWh. L'azionista di riferimento di Italvolt, Lars Carlstrom, imprenditore con 30 anni di esperienza nel settore automotive e già fondatore e azionista di Britishvolt, mira a vedere attivo il sito entro il 2024. Inoltre, anche il "Gruppo Volkswagen è alla ricerca di aree giuste per realizzare sei nuove Gigafactory entro il 2030 in modo da sostenere l’ambizioso programma di elettrificazione già avviato" in Germania. Volkswagen in Italia ha, tramite Audi, il controllo di un marchio storico come Lamborghini, sito nel cuore della Motor Valley emiliana su cui si stanno indirizzando gli interessi di molte imprese attive nel settore. E proprio l'Emilia Romagna, dopo il Piemonte il Molise, è la terza terra italiana da tenere d'occhio

La corsa alle gigafactory rientra nel quadro della transizione graduale del settore automobilistico all'elettrico e del graduale sdoganamento della mobilità sostenibile. Come ricordato dal Corriere della Sera, in Italia il motore elettrico può essere un grande fattore di sviluppo industriale ma, qualora non si producessero filiere ad hoc, al tempo stesso può minacciare posti di lavoro consolidati e destrutturare catene del valore complesse. In primo luogo perché la filiera dell'elettrico è assai diversa da quella dell'auto tradizionale. In secondo luogo per un fattore di manodopera, dato che "per produrlo serve il 30% di manodopera in meno. Vuol dire che se in Italia restiamo fermi a guardare" mentre l'Ue si prepara a introdurre il limite del 2035 per l'addio al motore a combustione, "entro i prossimi quattordici anni 60 mila persone in 500 aziende perderanno il posto di lavoro". La gradualità e gli investimenti nelle gigafactory per le batterie possono fornire una transizione "dolce" a questo processo.

In Europa, al contempo, c'è fermento. Nelle stesse ore in cui al Mise italiano si firmava l'accordo per Termoli, proprio Volkswagen annunciava il lancio di uno dei suoi impianti di gigafactory in Europa: il gruppo di Wolfsburg ha annunciato la gigafactory spagnola sorgerà a Sagunto, vicino a Valencia. Il nuovo impianto dedicato alla costruzione delle batterie del gruppo sarà operativo dal 2026 puntando sulla rivoluzionaria tecnologia "Unified Cells" che va oltre la dipendenza dagli ioni di litio delle batterie: "se su una batteria agli ioni di litio attuale per raggiungere l'80% di carica si deve attendere di media tra i 30 e i 35 minuti, grazie alle future innovazioni, nel 2025, non ne serviranno più di 17" grazie a questa tecnologia, nota InsideEvs. "Il che significa dimezzare le attese", nella speranza che "dal 2025 in avanti, grazie all'arrivo delle batterie allo stato solido di QuantumScape, quel tempo scenderà a 12 minuti". E anche Elon Musk si muove, con Tesla che sbarcherà dopo anni di resistenze in Europa attraverso la Germania, aprendo la sua prima gigafactory vicino Berlino. L'Unione Europea, nel frattempo, prepara i piani sulle batterie sostenibili, si muove per organizzare filiere e sostegni alle imprese e punta a diventare un attore chiave.

Partire dall'infrastruttura chiave per la produzione elettrica appare una scelta operativa senza vere alternative per rendere graduale la transizione all'elettrico. Le compagnie potranno così valorizzare i propri investimenti e il proprio capitale umano per guidare una transizione che, passo dopo passo, può coinvolgere altri settori.

L'obiettivo è permettere la costruzione di un ecosistema industriale che crei un'auto elettrica accessibile a tutti, come ricordato anche dal titolare del Mise Giancarlo Giorgetti nelle scorse settimane. E la via delle gigafactory europee che tenga in-house le produzioni più critiche può essere un primo passo.

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