Nella ripresa dellattività governativa torna di attualità, attraverso la polemica dei debiti formativi e le ricette dei maître à penser, il tema della scuola, eterna cenerentola della vita pubblica italiana. Tra le mille sollecitazioni non è superfluo suggerire un criterio generale e tre idee per cominciare ad affrontare i problemi in campo.
Il criterio è di evitare di far calare dallalto soluzioni generali che nascono da impostazioni ideologiche e astratte e che hanno fatto del ministero dellIstruzione un mastodonte con più dipendenti del Pentagono. Lunica possibilità di ripresa è dare spazio a esperienze educative in atto, dove si viva una libertà, una passione per lideale e per lo studio, un «fare con» nellavventura personale e comunitaria della ricerca della verità e della conoscenza.
Come valorizzare questi tentativi che possono nascere ovunque, nella scuola statale come in quella privata, tra gli studenti come intorno ai professori? Innanzitutto, attuare anche a livello nazionale, come già preannunciato dal ministro Gelmini, quella parità economica tra scuola di Stato e privata che, laddove si è cominciato a fare in alcune Regioni con ladozione di voucher, ha raggiunto risultati lusinghieri. Le scuole paritarie sono già pubbliche come prevede la legge 62 del 2000 di Berlinguer. Occorre dare i soldi alle famiglie con parametri di equità e poi riconoscere loro la facoltà di scegliere le scuole che preferiscono per il bene dei ragazzi.
In secondo luogo, per favorire unesperienza di libertà di educazione anche nella scuola statale, occorre conferire alle famiglie pieno autogoverno.
Finora è stata data una parziale autonomia di curriculum (il 20%), unautonomia didattica paralizzata da enormi rigidità delle cattedre, unautonomia finanziaria bloccata dallimpossibilità di raccogliere soldi sul mercato senza reale autogoverno.
Parità, autonomia, valutazione sono gli strumenti semplici per permettere un miglioramento dal basso della scuola operato dai non pochi che hanno ancora passione e voglia di insegnare.
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