«Il tribunale mi ha portato via il figlio tre anni fa e ancora non so perché»

A Carmen Cazzaniga il figlio 11enne è stato sottratto a sua insaputa nel dicembre del 2006. Da allora lo vede una volta al mese. «Mi hanno accusato di tossicodipendenza e, nonostante i risultati negativi di tutti gli esami, mi definiscono ancora genitorialmente inadatta"

Sta per fondare una onlus che si chiamerà «Mamma voglio tornare a casa». Che è poi la frase che suo figlio Cristian, 11 anni, le grida, buttandole le braccia al collo, quando lo incontra, un'ora al mese, a Cimiano, in uno spazio neutro dedicato ai bambini allontanati dai genitori dal tribunale dei minori.
«In realtà, da quando le autorità me l'hanno portato via - il 22 dicembre 2006, a mia insaputa, andando a prenderlo a scuola insieme alla sorella, ora 17enne, Francesca, scappata dalla comunità a cui era stata affidata due anni fa e che perciò ci è stata riaffidata - non ho mai saputo dove si trova. E quando ci vediamo lui non me lo vuole dire. "Mamma, hanno minacciato di cambiarmi comunità e di non farci incontrare mai più se te lo rivelo" bisbiglia lui terrorizzato. Insomma, un sequestro di persona legalizzato. Perché nessuno, ma proprio nessuno, sembra poter fare qualcosa per noi» ci racconta in lacrime Carmen Cazzaniga, 49 anni, ricordando quei terribili momenti.
Cristian B., 11 anni, venne prelevato a scuola, la «Nolli Arquata» di viale Romagna, dalle assistenti sociali l'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale di tre anni fa. Quando la nonna andò a prenderlo, al solito orario, nell'istituto non c'era più nessuno che le potesse dire che fine aveva fatto il nipote. Carmen Cazzaniga e il secondo marito Giuseppe Vite, 42 anni, pensano subito a un rapimento, vanno persino in questura per fare denuncia. Solo dopo 22 ore e quando ormai avevano immaginato che gli fosse accaduto chissà cosa, vengono a sapere che ad allontanare da loro il bambino sono stati gli assistenti sociali su provvedimento del tribunale dei minori.
«Mi accusavano di sospetta tossicodipendenza e alcolismo - spiega Carmen -. Assurdo, ma lasciai che mi sottoponessero a ogni tipo esame che, nel giro di un mese, diede esito completamente negativo. Quindi arrivarono i colloqui con una psicologa dell'Asl. Otto. Al termine dei quali, nella sua relazione, venni definita "una donna con un lavoro degradante" e, insieme a mio marito "genitorialmente inadatti". Che dire? Sono diplomata in ragioneria, faccio la promoter nei centri commerciali con contratti a progetto e per un po' ho lavorato anche nelle mense scolastiche ma, grazie al cielo, non sono mai rimasta senza un'occupazione...Un legale che ha esaminato il rapporto della psicologa lo ha valutato calunnioso e denigratorio nei miei confronti...È vero: ti avviliscono al punto da farti pensare che, ai loro occhi, era meglio una prostituta a una madre che svolge un lavoro dignitoso e che per mantenere la famiglia sgobba anche il sabato e la domenica».
Il risultato è stato che Carmen Cazzaniga non ha potuto vedere suo figlio Cristian per un anno e, da quel maledetto giorno di dicembre, ha cambiato tre avvocati (ora a difenderla è l'avvocato milanese Claudio Defiliffi, esperto in casi su minori tolti alle famiglie e che porterà il suo caso davanti al tribunale di Strasburgo) ha incontrato tre diversi giudici, ha ricevuto sei decreti provvisori affinché le venisse tolta, in parte, la patria potestà, ha incontrato il cardinale Dionigi Tettamanzi per chiedergli aiuto, è andata ovunque e ha parlato con tutti coloro che, in qualche modo, potessero prospettarle una speranza.
Adesso, da qualche settimana, Cristian non può più nemmeno giocare a pallone, la sua passione, l'unica attività che svolgeva al di fuori della comunità. «Si allenava con una squadra fuori dalla comunità - racconta la madre -. Aveva le scarpe con i tacchetti e tutto ciò che gli occorreva, era il suo unico svago, la sua sola passione. Le assistenti sociali, che hanno assistito a una partita dove l'allenatore gridava, hanno giudicato l'atteggiamento diseducativo. E hanno stabilito che non giocherà più».
«Il vero problema sa qual'è? - conclude Carmen - Frequentando il carcere di Opera, dove ho fatto a lungo volontariato, ho incontrato il mio attuale marito, Giuseppe, un pregiudicato. Da quando ci siamo sposati lui, che era tossicodipendente, è pulito. Completamente, lo dimostrano le analisi.

E invece di apprezzare questo cambiamento, le assistenti sociali, durante i colloqui, mi vogliono far pentire di averlo sposato. Eppure lui li ama sinceramente i nostri figli. Ed è ricambiato...Ma è possibile che l'amore non conti mai nulla?»

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