Turchia, archeologi italiani trovano una grande statua di Apollo

L'ultima scoperta a Hierapolis (l'odierna Pamukkale): due blocchi di marmo appartenenti al busto di un «colosso» di oltre quattro metri. Nell'Anatolia meridionale altri nostri ricercatori rinvengono due sigilli del 6.500 a. C. e una sepoltura del Neolitico

Una statua di grandi dimensioni, probabilmente del dio Apollo, è stata riportata alla luce nella Turchia sudoccidentale da una missione archeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell'Università del Salento che ha operato scavi a Hierapolis, la odierna Pamukkale. Della scoperta, avvenuta alla fine di luglio, ha dato notizia Francesco D'Andria, direttore dell'Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Cnr di Lecce, il quale ha precisato che sono stati recuperati due grandi blocchi di marmo appartenenti al busto e alla parte inferiore della figura che permettono di ipotizzare una statua di più di quattro metri di altezza.
La figura è seduta su un trono e indossa una tunica mirabilmente drappeggiata con un effetto di trasparenza che lascia intravedere la possente muscolatura. La statua, come afferma D'Andria, rappresenta con grande probabilità Apollo che regge con il braccio sinistro la cetra e si può riferire al culto reso al dio nel vicino tempio edificato sotto l'imperatore Tiberio. Il ritrovamento dell'opera - che si ispira ai grandi capolavori dell'età classica e ai modelli creati da Fidia - assume un valore eccezionale per la qualità stilistica, per la particolarità dell'immagine di culto e per la rarità di queste opere - meno di una decina - in Asia Minore. Al ritrovamento è dedicata una puntata del programma di RaiUno «Heritage» condotto da Federico Fazzuoli e Marco Ravaglioli, che andrà in onda giovedì 27 agosto alle ore 23:00 circa.
Nei giorni scorsi l'agenzia di stampa turca Anadolu aveva dato notizia di altre scoperte archeologiche effettuate da ricercatori dell'Università di Lecce. In particolare, due crani e due sigilli risalenti al periodo della dominazione ittita dell'Anatolia, sono stati rinvenuti nel corso di scavi condotti nel tumulo di Yumuktepe, uno dei più antichi insediamenti umani nella provincia di Mersin, nell'Anatolia meridionale. Secondo i ricercatori i due teschi risalgono a 1.500 anni avanti Cristo mentre i due sigilli - considerati i più importanti ritrovamenti mai effettuati in Turchia - sono databili intorno al 6.500 avanti Cristo.
Nel corso della stessa campagna di scavi condotta in collaborazione con l'Università turca di Mimar Sinan e che si concluderà il 3 settembre, gli archeologi italiani hanno ritrovato una tomba risalente al Neolitico contenente uno scheletro umano, che si ritiene risalente a 8.000/8.200 anni fa, tre ciotole e un chicco di grano e un nocciolo d'oliva entrambi fossilizzati.


La storia delle spedizioni archeologiche nella provincia di Mersin è antica: la prima spedizione dell'archeologo britannico John Gargstang risale al 1936. Le sue ricerche, interrotte a causa dello scoppio della Seconda Guerra mondiale, vennero riprese nel 1946. Gli scavi italiani, fortemente voluti dal Cnr e dall'Università di Lecce, sono invece cominciati nel 1993.

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