Carlo Emilio Gadda era strabordante, in tutto. Nel fisico, nella golosità, nelle figure retoriche, nelle opere, nelle parole «I doppioni li voglio, tutti, per mania di possesso e per cupidigia di ricchezze: e voglio anche i triploni, e i quadruploni...» - ... e così ha finito anche per straripare oltre l'anniversario del cinquantesimo dalla morte. Ed eccolo qui, in grande forma. E formale, com'era lui.
Carlo Emilio Gadda (1893-1973) è uno scrittore inesauribile, ricco di testi, di interpretazioni e documenti, dalle mille disposizioni d'animo - è sdegnoso, ossequioso, pigro, malinconico, sarcastico e pieno di nodi da sciogliere. E di grovigli, garbugli, gnommeri e gomitoli... E così, a coronamento delle celebrazioni del cinquantenario, arriva - a un anno dalla morte, era il 21 maggio 1973 - la grande mostra «Cantieri di Gadda». Il groviglio della totalità che si inaugura mercoledì allo Spazio Mostre Guido Nardi nel suo Politecnico, nella sua Milano (resterà aperta fino all'11 ottobre). L'intento? Ambizioso e esaltante. Portarci nell'officina del più grande prosatore del Novecento «trasformando in itinerario visivo i percorsi e le avventure di una scrittura in cui convivono sapere tecnico-scientifico, letteratura e filosofia», come ci anticipa Claudio Vela, docente di Filologia italiana all'Università di Pavia, presidente del «Centro Studi Gadda» e curatore della mostra con Mariarosa Bricchi, Paola Italia e Giorgio Pinotti, in collaborazione con la Scuola di Architettura del Politecnico di Milano.
Qui dentro ci sono libri, carte, manoscritti (come i quaderni della Meditazione milanese, un testo rimasto a lungo inedito, ma il cui intreccio - «e quale ingarbugliato intreccio!» è fondamentale per comprendere le istanze filosofiche che stanno dietro le invenzioni narrative gaddiane), documenti originali (ecco la domanda di iscrizione al primo anno della Scuola Preparatoria, sezione Ingegneria, datata 22 ottobre 1912), riviste, fotografie (ci sono i ritratti delle varie classi di laureati al Politecnico di Milano) e oggetti. C'è, arrivato dal Gabinetto Vieusseux, il baule del giovane sottotenente Carlo Emilio Gadda (89º reparto mitragliatrici del 5º Reggimento alpini). C'è un regolo calcolatore come quello che Gadda userà da studente e da ingegnere, un calcolatore meccanico manuale che oggi nessuno sa più cosa sia, ma che lo scrittore descrive alla sua maniera in una maestosa pagina dell'Adalgisa. E purtroppo solo la chiusura temporanea del Museo criminologico di Roma, dove è conservato, ha impedito di esporre il coltello che le sorelle Lidia e Franca Cataldi usarono il 20 ottobre 1945 per assassinare Angela Barruca e il figlio di tre anni, il feroce fatto di sangue che ispirò il Pasticciaccio. Ma soprattutto qui ci sono i luoghi della vita, le città, i luoghi (fotografati da Marco Introini) e le amicizie del Gadda militare, scrittore, Ingegnere e «politecnico»: un uomo di numeri e di lettere che integrò la cultura tecnica con quella umanistica come forma di conoscenza e di arte.
Una laurea in Ingegneria elettrotecnica e una quasi laurea in Filosofia, autore di un'opera magmatica e inesausta, Gadda si merita una mostra così. Non solo scientifica, non solo letteraria, non cronologica, ma interpretativa. Sono troppe le cose ancora da scoprire e capire - i nodi da sciogliere della sua vita e dei suoi scritti. E infatti il percorso espositivo che prova a srotolare «Il groviglio della totalità» attraversa una sequenza di stanze che sono insieme spazi fisici e metaforici. C'è la guerra: interventista, Gadda si arruola volontario nel maggio 1915 nel conflitto contro l'Austria-Ungheria, combatte sull'Adamello e dopo Caporetto finisce prigioniero in Germania. E in guerra perderà molte illusioni, l'innocenza e anche il fratello Enrico, aviatore, «la parte migliore e più cara di me stesso», come annota nel Giornale di guerra e di prigionia (a proposito: c'è un video che racconta il miracoloso lavoro di recupero di un quaderno del Giornale di campagna del 1916 rimasto sommerso dal fango dell'alluvione di Firenze nel 1966: da sempre illeggibile, ora lo è, almeno in parte, grazie all'opera del Laboratorio di diagnostica diretto da Marco Malagodi, in collaborazione con Marco Gargano del Dipartimento di Fisica dell'Università Statale di Milano). Poi ecco la stanza dedicata al Politecnico e alla città dove Gadda nasce, studia, si laurea e vive a lungo. Benvenuti nella Milano spietatamente ritratta nei racconti dell'Adalgisa, il libro in cui lo scrittore fa i conti con la sua amata e insopportabile città, che qui è persino possibile percorrere grazie a una mappa interattiva che visualizza strade, palazzi, luoghi frequentati dall'Ingegnere... Poi c'è la Roma del Pasticciaccio: una città-mondo dove tu visitatore puoi immergerti grazie a video, fotografie e manifesti di propaganda (un altro nodo da sciogliere è il rapporto di Gadda col fascismo e con la figura del Duce, «il Priapo Maccherone Maramaldo») accanto a libri e documenti che ricostruiscono la genesi del tormentato romanzo. E infine la stanza-bottega dedicata alla lingua del Gaddus, il più grande ingegnere della nostra letteratura. Tutto ciò che è esposto qui - dalla scarpe del sciur Carlo ai suoi ritratti d'artista (ci sono le caricature di Tullio Pericoli, un bellissimo «mezzobusto» di Ugo Capocchini del 1934, un dipinto di Adriana Pincherle...
) - serve a ricostruire il cantiere di idee, influenze, contaminazioni, incontri, letture, (ri)scritture, fantasie, peripezie linguistiche e invenzioni in cui si ritrovò a lavorare, con tanta fatica e tante favole, l'Ingegnere, filosofo e narratore Carlo Emilio Gadda.
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