Dai furti di dati dei clienti all'interruzione dell'attività, dai danni alla reputazione aziendale ai furti di denaro. Sono queste le principali preoccupazioni denunciate nella quarta edizione dell'Indagine internazionale di Zurich sulle Pmi, che ha esaminato i rischi legati al cybercrime sul business di oltre 2.600 imprese in 13 Paesi, tra i quali anche l'Italia. Che la sicurezza informatica stia diventando una tematica sempre più di assoluto rilievo e di grande attualità per le aziende è ormai risaputo, e lo sta confermando pure nel nostro Paese.
Nel febbraio 2016 l'Italia ha prodotto il Framework nazionale di cybersecurity (con l'obiettivo di offrire alle organizzazioni italiane di tutti i settori e dimensioni un approccio volontario e omogeneo per affrontare la cybersecurity e ridurre il rischio legato alla minaccia cyber). Inoltre, nella legge di Stabilità 2016 è stato previsto un fondo per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di protezione cibernetica e di sicurezza informatica nazionale, con una dotazione finanziaria di 150 milioni di euro per l'anno 2016.
In ambito europeo, invece la pubblicazione di una Direttiva (Network and Information Security) studiata per promuovere una maggiore protezione dei Paesi membri, dovrà essere recepita entro il 2018 dall'Italia. E sempre dal prossimo anno (25 maggio), partirà il periodo di transizione dei due anni dell'adozione del nuovo Regolamento europeo per la protezione dei dati personali.
Tornando ai risultati della ricerca di Zurich, emerge che si tende ancora a sottovalutare i rischi legati al cyber crime rispetto ad altri Paesi. La percentuale di aziende italiane che teme furti di dati dei clienti (21%) è quasi la metà della percentuale di quelle irlandesi (41%), mentre la paura di essere vittima di un furto di identità è sottovalutato dalle aziende italiane (8%), rispetto alle Pmi svizzere (19%): l'esposizione ai furti di denaro in Italia si posiziona, invece, al 12% contro il 21% degli Usa. Tra i rischi più temuti in Italia si registra il furto di dati dei clienti (20,5%) e l'interruzione del business (18,5%), seguiti da danni alla reputazione aziendale (17%) e furti di denaro (11,5%).
Rispetto al 2015 le Pmi italiane temono in misra maggiore i danni alla reputazione aziendale (17% contro 11,5%), i furti di dati dei dipendenti (dal 5% al 6,5%) e i furti di identità (raddoppiati al 7,5%). In parallelo, risultano in diminuzione le Pmi che ritengono di possedere al proprio interno software e sistemi di sicurezza sempre aggiornati (10% contro il 15% nel 2015).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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