
Da una parte i film durano sempre di più, dall’altra c’è una nuova tendenza che non guarda più alla maratona da divano, ma alla pausa caffè. Si chiama “mini-serie verticale”, un nuovo formato che sta conquistando anche l’Italia: episodi da uno o due minuti, rigorosamente in verticale, da vedere sullo smartphone mentre aspetti il semaforo verde o il turno alla posta. Perché ormai il tempo è denaro, ma solo se montato in 9:16. Oh, magari è meglio che stare a scrollare reel di cui non te ne frega niente fatti da gente che ti dà consigli su come vivere meglio, su cosa mangiare, cosa non mangiare, quanti passi fare, come meditare, e via dicendo.
Il fenomeno di queste serie mini è esploso grazie a piattaforme come MyDrama o ReelShort: quest’ultima negli Stati Uniti ha già superato TikTok in popolarità, proponendo micro-drammi a alta intensità emotiva e bassa durata cerebrale. Trame fulminanti, personaggi schematici, twist ogni 40 secondi e uomini misteriosi in giacca nera che piombano nella vita di donne tristi con un conto in banca e una redenzione lampo.
E in Italia? Qualcosa si muove. Produzioni brevi come 5 Minuti Prima su RaiPlay iniziano a sondare il terreno, cercando di raccontare frammenti di quotidianità in pillole emotive. Intanto su TikTok e Instagram, proliferano esperimenti narrativi più o meno strutturati, spesso realizzati da creator indipendenti che mescolano comicità, sentimenti, e la solita dose di disagio generazionale (si metteranno tutti a fare mini serie sperando di diventare dei mini Spielberg? Chissà).
La logica è chiara: non servono più sei stagioni per spiegare un trauma, bastano sei inquadrature e un filtro color seppia. Anche l’epica si adatta: Ulisse – Il ritorno potrebbe tranquillamente stare in un reel. Lui parte, lei aspetta, i Proci fanno i cretini, lui torna e li fa fuori. Sigla.
Il successo del formato è anche linguistico: la verticalità dello schermo impone nuovi codici, nuovi tempi, e un senso del montaggio che fa sembrare Tarantino un rallentato. Il tutto confezionato con sottotitoli grandi, musica drammatica e una narrazione che urla “emozione rapida” in ogni frame.
Tuttavia, attenzione: se da un lato questo nuovo linguaggio audiovisivo democratizza la produzione e stimola la creatività, dall’altro rischia di alimentare una bulimia da contenuto dove tutto è una corsa e niente resta. Anche la sofferenza, l’amore, la vendetta si consumano in formato snack. Emozioni tascabili, pronte all’uso e all’oblio.
E mentre si discute se questo sia ancora “cinema” o solo storytelling d’emergenza, il pubblico scrolla, clicca, guarda, condivide, magari senza ricordarsi cosa ha visto, ma con la sensazione di non essersi annoiato (in fondo è quello che si fa sui social).
Nel frattempo, ci resta una certezza: il futuro è breve, verticale,
sottotitolato e ottimizzato per lo scroll. E probabilmente, prima o poi, ci sarà un remake de La Grande Bellezza in 22 episodi da 45 secondi. E funzionerà. Perché a volte, il senso della vita è solo questione di algoritmo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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