Ucraina: vince Yulia, ma il suo rivale non ci sta

A dividere i due contendenti principali è un pugno di voti: il primo ministro uscente chiama in piazza i suoi e si prepara a dare battaglia ai veri trionfatori. Il filo russo Yanukovic sfida tutti: «Abbiamo vinto, ora tocca a noi fare il governo»

Ucraina: vince Yulia, ma il suo rivale non ci sta

Questione di decimali. Di briciole, per dirla spiccia. Ma se le briciole e i decimali fanno la differenza in tutto il mondo, in Ucraina fanno anche di più. Spingono la gente in piazza, muovono i cortei coi megafoni, e i tamburi. Che spesso sono le pentole vuote di un Paese che non naviga nell’abbondanza.

Morale? Il giorno dopo il voto che doveva far uscire l’Ucraina dallo stallo delle endemiche divisioni politiche, il Paese si ritrova nell’incertezza. Con lo spoglio delle schede arrivato all’85 per cento, il Partito delle Regioni del premier è dato al 32,82 per cento delle preferenze e il Blocco Yulia Timoshenko al 31,74 per cento. Segue la formazione presidenziale Nostra-Ucraina-Autodifesa Popolare con il 14,83 per cento in quota arancione. Facendo le somme, il testa a testa tra il premier e la Timoshenko non dovrebbe modificare il dato di fondo, cioè che i filo-occidentali, uniti, prevalgono ampiamente. Se tali risultati saranno confermati, la coalizione che fa capo al presidente e alla seducente Yulia potrebbe contare alla Rada, il Parlamento ucraino, su 229 seggi, mentre 161 andrebbero al Partito delle Regioni, su un totale di 450 seggi. I possibili alleati di Yanukovic, comunisti e socialisti, avrebbero insieme 41 seggi. Diciannove seggi andrebbero, invece, al Blocco centrista dell’ex presidente del parlamento Vladimir Litvin, ma non è chiaro come quest’ultimo li userà.

Resta il fatto che, se lo spoglio delle schede di queste nuove elezioni anticipate si è appena concluso, già arrivano segnali che preludono ad un nuovo inverno di occupazioni e manifestazione varie. Tre anni fa si trattò della rivoluzione arancione, che portò alla ribalta Viktor Yuschenko e la sua sparring partner Yulia Timoshenko. Ora, con questo arrivo al fotofinish che è il responso delle urne, il colore della possibile protesta è ancora tutto da definire.

Sarà pure una frase fatta, ma mai, come in questa occasione, sono in tanti a cantar vittoria a Kiev. Lo fa, lo continua a fare da quando i primi exit-poll l’avevano mandata in orbita, l’ammaliante Yulia, che ha subito annunciato un suo incontro con Viktor Yuschenko, leader del partito del presidente, «per discutere la formazione, entro 48 ore, di una coalizione di governo fra le due forze politiche», ribadendo che «l’integrazione europea e il Wto sarebbero rimasti in cima al suo programma da premier». E lo fa naturalmente il presidente Viktor Yanukovic che ieri, quando hanno cominciato ad arrivare i risultati dalle regioni orientali e del sud, Donetsk, Lugansk, Odessa, Crimea, quelle tradizionalmente più legate alla Russia e quindi al suo partito delle Regioni, non solo ha rimontato il distacco da Yulia e dagli arancione, ma li ha anche superati di un’incollatura.

Tanto che, ripreso coraggio, ha pensato bene, nel tardo pomeriggio di fronte ad una folla di oltre seimila persone chiamata a raccolta in Maidan, la piazza che fu proprio il cuore della folcloristica e pacifica rivoluzione del 2004, di dichiarare: «Abbiamo vinto. Formeremo di nuovo il governo e certo non accetteremo alcuna revisione dei risultati. Il nostro sarà un governo di unità nazionale, abbiamo tutti i diritti di farlo, visti i risultati». Criticando nel contempo i suoi oppositori «per i loro prematuri e troppo emotivi annunci di vittoria prima della fine dello spoglio delle schede con esternazioni che dimostrano solo una reazione troppo emozionale sostenuta da parole affrettate e dannose per il Paese, perché preannunciano divisioni».

E a surriscaldare ulteriormente un simile clima ha contribuito anche lo stesso Yuschenko. Nel pomeriggio il capo di Stato, defininendosi «molto preoccupato» dalla lentezza dei risultati elettorali nelle regioni-feudo dei filorussi, ha ordinato alle forze dell’ordine di «avviare immediatamente un’indagine sulle ragioni e le circostanze dei ritardi nella trasmissione dei dati».

In buona sostanza, Yuschenko accusa di fatto i filorussi di giocare sporco, ventilando la possibilità di brogli, non certo a favore della sua coalizione. E da Mosca un portavoce del ministero degli Esteri gli risponde che «appare chiaramente come le elezioni in Ucraina si siano svolte all’insegna della libertà d’espressione». Un messaggio nemmeno tanto trasversale.

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