Nella narrazione (termine vendoliano) della sinistra e dell’ambientalismo italiani in Giappone non ci sono stati un terremoto e uno tsunami devastanti, con tutte le loro terribili conseguenze. No, in Giappone c’è stato un incidente gravissimo a una centrale nucleare. La sciagura, il disastro, riguardano solo ciò che è avvenuto, che sta avvenendo, attorno al reattore 1 della centrale di Fukushima. Tra le migliaia di morti e di dispersi, le centinaia di migliaia di sfollati; la cancellazione di case, di edifici pubblici, di aziende; la distruzione di infrastrutture, di servizi pubblici, di ricchezza; i gravissimi danni ambientali, l’inquinamento per il rilascio di sostanze pericolose trascinate in mare dalle onde gigantesche e rilasciate anche a terra nelle zone costiere, l’Italia di sinistra sa per cosa preoccuparsi: l’incidente (preoccupante, ma meno grave di quello americano di Three Mile Island e molto meno grave di quello di Chernobyl) in una centrale nucleare. Una fissazione, un’ossessione che non lasciano spazio per la pietà e per un sentimento, magari anche fattivo e concreto, di solidarietà. E neanche per una riflessione onesta sui metodi di costruzione delle città e sulla capacità, straordinaria (anzi, ordinaria), dei giapponesi di realizzare strutture in grado di resistere alle onde dei terremoti. E sì che sulla questione degli investimenti per mettere in sicurezza le città italiane ci sarebbe da dire e anche da criticare. Ma è troppo complicato, non colpisce la fantasia. Non c’è tempo: bisogna polemizzare qui ed ora. E speculare su un senso di paura che è, ovviamente, di tutti. L’informazione, vittima dell’ufficio stampa mondiale (un’entità astratta che spinge a dire subito banalità pericolose) crea il terreno giusto. L’energia nucleare è gravata dalla sua leggenda nera. E poi il Giappone è il Paese che ha subìto il marchio indelebile della sofferenza per la bomba atomica, per il nucleare cattivo. E allora perché fare la fatica di distinguere? Il modo in cui vengono diffuse le notizie aiuta: si parla di esplosione nel reattore, di persone contaminate e di cittadini invitati a stare in casa o evacuati. L’informazione, apparentemente fredda, è invece connotata ed emozionale. E cinicamente fuorviante. Non è esploso nessun reattore, i fumi che si levano sono vapore acqueo sprigionato dal contatto tra l’acqua e l’impianto da raffreddare, la diffusione di radioattività è inferiore ai limiti pericolosi. Una situazione grave, certo, ma molto meno di tanti altri drammi che stanno avvenendo in Giappone. Relativizzare è difficile e non rende simpatici. Ma comparare le conseguenze e l’impatto di diversi fatti, è necessario di fronte a una devastazione così enorme. Per evitare che anche l’intelligenza ne venga travolta. La potenza inusitata del terremoto ha sottoposto tutto il Giappone e tutti i sistemi di produzione di energia a una prova micidiale: una diga è crollata e l’acqua ha travolto centinaia di case (vogliamo per questo mettere sul banco degli imputati l’idroelettrico?), gli impianti di varie centrali termoelettriche a olio combustibile e a gas sono stati travolti, sono esplosi uccidendo molte persone, hanno diffuso nell’aria e nell’acqua tonnellate di agenti inquinanti (vogliamo per questo contestare l’uso del petrolio e del gas per produrre energia?). No, niente da fare, qui si parla d’altro. C’è un referendum sul nucleare in vista e bisogna correre a dichiarare, prima che lo faccia qualche altro pezzo di sinistra. Nichi Vendola se la prende con la «narrazione della leggenda della sicurezza» (appunto, la narrazione). E subito si fa cupamente veggente: «Quel fumo radioattivo è un’ipoteca drammatica non solo su quei territori del Giappone ma sulla vita della specie umana sul pianeta, io chiedo con forza che il Governo e il Parlamento blocchino l’opzione nuclearista nel nostro Paese». E vabbé, parla di fumo e si fa fumoso. Quello, si è detto, è vapore acqueo, è entrato in contatto con alcuni elementi radioattivi fuoriusciti dal reattore e molto probabilmente porta qualche radioattività, ma, secondo tutte le analisi tecniche, il livello di pericolosità (che pure c’è) è basso. La specie umana, insomma, dovrà vedersela con altri rischi, ma non con quel fumo. E poi c’è Legambiente: «La sicurezza è una chimera e le precauzioni, tra cui l’allontanamento della popolazione, non basteranno a limitare le conseguenze dell’esplosione del reattore». Ecco, il braccio ambientalista della sinistra italiana non tenta di seguire Vendola sul piano del lirismo. La butta sulla vecchia cara disinformazione.
E quindi l’esplosione di un locale vicino al reattore (a causa dei gas sprigionati dalla probabile fuoriuscita di combustibile, quella sì pericolosa) diventa l’«esplosione del reattore». Non è proprio la stessa cosa, ma fa niente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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