Un'unione così umana da far toccare il divino

Due saggi (sorprendenti) di Erasmo da Rotterdam sulla visione cristiana dei rapporti fra mogli e mariti

Un'unione così umana da far toccare il divino
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Anno 1950, Germania, Monaco di Baviera. Correvano le settimane di preparazione al Santo Natale e la popolazione viveva un nuovo Avvento. Da cinque anni gli allarmi della contraerea avevano finalmente cessato di suonare: i cumuli di macerie, accatastati agli angoli delle strade, venivano smaltiti. Si ricomincia.

Un monacense d'eccezione, il brillante teologo Romano Guardini, osservava con interesse le novità esposte dalla libreria Lentner, situata nella centralissima Marienplatz. Lo sguardo professorale cadeva sulla riedizione post-bellica dell'Elogio della Follia, il capolavoro di Erasmo da Rotterdam che dal 1511 biasimava le tirannie, segno di una Germania che voleva rinascere dal disastro morale del decennio precedente. Chissà quale aiuto avrebbe ricevuto Guardini nella stesura delle riflessioni sulla famiglia per eccellenza dell'orbe cristiano, quella di Nazareth formata da Giuseppe, Maria e il nascituro Gesù, se il precursore dell'Accademia Cattolica di Baviera avesse fruito di un altro volume erasmiano, gli Scritti sul Matrimonio (Aragno Editore, pagg. 663, euro 50). Le studiose Lucia Felici e Olivia Montepaone hanno raccolto in volume gli scritti dell'umanista olandese sul tema, ovvero l'Encomium matrimonii del 1518 e l'Institutio Christiani matrimonii del 1526, affiancando al testo originale latino una nitida traduzione in lingua italiana.

Sfogliamo l'ennesimo mattone dall'odore stantio di catechismo d'antan, tutto precetti validi sulla carta e irrealizzabili nella vita? «Le leggi imperiali e quelle pontificali stabilirono che non fosse considerato lecito un matrimonio senza il consenso dei figli». Basterebbe questa citazione, datata al secolo decimosesto, per tacitare quanti diffondono lo stereotipo del matrimonio in chiesa come una zavorra per i malcapitati!

Il primo trattato encomia l'unione tra uomo e donna nel matrimonio, all'insegna di un'argomentazione che suona di feroce canzonatura a quanti reiterano la nenia del cattolicesimo sessuofobico. L'umanista cattolico si chiedeva se esisteva cosa più bella del «vivere con colei a cui sei unito non solo dall'affetto ma anche da una reciproca, strettissima unione di corpi». L'Encomium cinquecentesco anticipava il monito rivolto da Houellebecq all'odierna civiltà, della quale accettiamo ogni risvolto. Ieri rivolte ai re e ai principi, oggi a tutti, le riflessioni erasmiane ci ricordano la contiguità tra il matrimonio e la formazione della famiglia, senza la quale «l'intero genere umano perirà del tutto».

Il secondo trattato, L'istituzione del matrimonio cristiano, nonostante la mole più che doppia rispetto al precedente, non concede nulla in termini di noia. La sua specificità consiste nel dispiegare, in oltre 570 pagine comprensive di traduzione, il potenziale dell'umanesimo cristiano. A beneficio del lettore, Erasmo cesella sulla pagina un sapere mutuato dalle Sacre Scritture, dai testi della classicità greca e latina, dai proverbi e dai modi di dire sulla bocca di tutti i ceti sociali, dalle norme giuridiche e dalle consuetudini legislative. Elkana, chi o cosa indica? Per questa volta non alludete al gruppo Stellantis e compulsate gli indici! Gli apologeti della Woke culture vorrebbero abbindolarci con la favoletta sul patriarcato insito nella cultura occidentale? Il Christiani Matrimonii Institutio è dedicato da Erasmo alla «gloria delle donne», l'infaticabile regina d'Inghilterra Caterina d'Aragona, sul trono dal 1509 al 1533. Come arginare i leoni da tastiera, epigoni degli avventori medievali taverna e dadi, che negano a priori qualsivoglia alone sacramentale ai matrimoni tra i componenti dei ceti dirigenti? È plausibile rinserrare ogni unione sponsale tra re e regine nel canovaccio del matrimonio tra l'ex principe Carlo d'Inghilterra e lady Diana Spencer? L'appello di Erasmo da Rotterdam è un balsamo contro i pettegolezzi: «in queste cose gli esempi di sobrietà o frugalità non vengono più utilmente da altri che da voi, o principi e grandi donne».

L'essenza del messaggio verte sul trinomio sacralità-umanità-convenienza dell'istituto matrimoniale, segnato da momenti di scoramento. Maria di Nazareth, l'archetipo della moglie e della madre in oltre duemila anni di storia, ne è la prova.

«È stata cosa grande, ma anche assai dura, e io v'ero entro del tutto sola». Dalle meditazioni di Romano Guardini alle canzoni di Rita Pavone, l'unione sponsale cristiana non ha mai richiesto alcuna forma di inumana perfezione ai suoi contraenti.

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