Ustionata dopo la tinta, a processo parrucchiere e medico

La donna, in ospedale dopo le bruciature, è stata sottoposta senza consenso informato a un intervento chirurgico per l'asportazione dei tessuti che le ha causato cicatrici permanenti

Va dal parrucchiere a fare una tinta, ne esce con ustioni di secondo e terzo grado. Decide allora di rpesentarsi dal medico a farsi curare, ma lo specialista si rende conto della presenza delle ustioni, ormai infette, troppo tardi, in occasione di una seconda visita. Così sottopone la paziente a un intervento di asportazione del tessuto, ma senza consenso informato e soprattutto senza anestesia. Risultato, la donna oggi si ritrova con uno scalpo permanente in testa. Tutto è accaduto nel 2006 e ha determinato un'inchiesta per cooperazione colposa in lesioni personali gravissime a carico di un «tecnico del colore», della titolare del negozio Orea Malia di via Marghera e di un medico dell'ospedale Niguarda. Insieme, e con responsabilità diverse, sono accusati dal pubblico ministero Piero Basilone di aver causato alla vittima non solo ustioni gravissime, ma un indebolimento permanente della pelle del cuoio capelluto. Ora l'inchiesta è stata chiusa e il procedimento è stato sottoposto al vaglio del giudice per l'udienza preliminare Nicola Clivio chiamato a valutare la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli imputati. Tutto ha preso il via il 19 aprile 2006, quando la donna è andata dal parrucchiere. In base a quanto ricostruito dall'accusa, è stata affidata per la decolorazione dei capelli a un tecnico del colore, un'egiziana, priva di esperienza e senza la necessaria abilitazione. Per cui, in sostanza, alla cliente è stato prima fatto un impacco sui capelli con una quantità eccessiva di ossigeno, e poi è stata fatta rimanere troppo a lungo sotto il casco per scaldarlo. Due giorni dopo la donna si è presentata al pronto soccorso del Niguarda, lamentando dolore alla testa, nonché la presenza di un rigonfiamento sottocutaneo e la presenza di siero. Il medico che l'ha visitata, però, secondo il pm non avrebbe effettuato un'adeguata ispezione del cuoio capelluto perché non ha rilevato la presenza di ustioni. In questo modo, ha dunque aggravato la situazione, perché ha ritardato le cure necessarie. L'8 maggio la paziente è tornata in ospedale e a quel punto le ustioni (una di secondo grado grande 3 per 8 centimetri e una di terzo grado di uno per 8 centimetri) erano già infette. Di qui la decisione di asportare chirurgicamente l'escara necrotica infettata, senza il consenso informato della paziente. Cosa che è costata al medico una seconda imputazione per lesioni gravi.

All'avvio dell'udienza preliminare, l'avvocato della donna ha citato l'ospedale come responsabile civile. Il procedimento è stato poi rinviato al 4 febbraio per perfezionare anche la citazione della società alle spalle del negozio di parrucchiere.

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