"È un ministero ad vitam". Papa Francesco allontana (ancora) le dimissioni

La rinuncia è stata al centro dei colloqui del Pontefice con i gesuiti di Sud Sudan e Congo

"È un ministero ad vitam". Papa Francesco allontana (ancora) le dimissioni

Il Papa non sa più come dirlo: non ha alcuna intenzione di dimettersi. Dopo averlo affermato in diverse interviste nell'ultimo anno, è tornato a ribadirlo anche nel tradizionale incontro con i gesuiti locali nel viaggio apostolico in Africa.

Ai suoi confratelli di Repubblica democratica del Congo e del Sud Sudan ricevuti nelle rispettive nunziature apostoliche, Francesco ha parlato a ruota libera, rispondendo alle domande dei presenti. Il tema delle dimissioni, ormai ricorrente nelle uscite pubbliche del Pontefice, è stato affrontato in entrambe gli incontri. A Giuba uno degli undici gesuiti che operano nel Sud Sudan gli ha chiesto se fosse una possibilità contemplata nei suoi pensieri e Bergoglio ha ripetuto il suo no. "No, non mi è passato per la mente - ha risposto - ho però scritto una lettera e l’ho data al cardinale Bertone. Contiene le mie dimissioni nel caso non fossi nelle condizioni di salute e di consapevolezza per poter rinunciare".

Dunque Francesco ha confermato la rivelazione fatta al quotidiano Abc relativa alla rinuncia firmata ad inizio pontificato in caso di impedimento fisico e affidata nelle mani dell'allora segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Nel frattempo, l'ex numero due della Santa Sede è stato sostituito dal cardinale Pietro Parolin.

Una domanda sulla rinuncia gli era stata rivolta anche a Kinshasa, sollecitandolo a dire la sua anche sulla possibilità di un mandato a tempo del preposito generale della Compagnia di Gesù.

La risposta di Francesco è stata particolarmente significativa perché pur ripetendo di aver firmato la lettera di dimissioni in caso di incoscienza, ha aggiunto: "Questo però non vuol affatto dire che i Papi dimissionari debbano diventare, diciamo così, una «moda», una cosa normale. Benedetto ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam. Non vedo la ragione per cui non debba essere così".

Non è mancata una stoccata a quello che chiama "chiacchiericcio" che vorrebbe cambiare il Papa ogni sei mesi. Poi, sul generale dei gesuiti, Francesco si è definito "conservatore" spiegando di ritenere che debba essere un incarico a vita, pur ammettendo la possibilità di un passo indietro in caso di motivi di salute come accaduto negli ultimi due casi. Sul perché, da gesuita, abbia accettato episcopato, cardinalato e poi papato, Bergoglio ha detto di averlo fatto "in spirito di obbedienza" e che in occasione del conclave del 2013 era sbarcato a Roma "con una valigetta piccola per tornare subito in diocesi, ma sono dovuto rimanere".

Ma le dimissioni non sono l'unico argomento affrontato da Bergoglio nei suoi due colloqui con i gesuiti africani e riportati oggi in esclusiva dalla rivista Civiltá Cattolica: il Papa ha risposto ad una domanda sul rapporto cultura e fede sostenendo che "la cultura forte è un vantaggio se è evangelizzata, ma non la si può ridurre a un’impossibilità di dialogo con la fede".

A questo proposito ha biasimato anche quella che ha definito "una forma di paganesimo" ovvero il "formalismo esteriore" di chi va "a Messa la domenica esclusivamente perché lo si deve, cioè senza anima, senza fede".

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