I vescovi italiani dicono sì ai seminaristi gay (ma solo se casti)

Le linee guida della Cei bocciano un'esclusione a priori per i candidati al sacerdozio con tendenze omosessuali. Ma invitano alla castità

I vescovi italiani dicono sì ai seminaristi gay (ma solo se casti)
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Lo scorso maggio, parlando proprio ai vescovi italiani, il Papa aveva pronunciato la famosa intemerata sulla "troppa frociaggine" nei seminari. La Cei, però, non sembra aver accolto la colorita indicazione di Francesco. Oggi, infatti, nelle nuove linee guida sulla formazione dei presbiteri nelle chiese in Italia, c'è un passaggio che, a determinate condizioni, apre le porte dei seminari ai candidati con tendenze omosessuali.

Le linee guida

Nel testo della Cei si legge che "nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali, è anche opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto, ma, così come per ogni candidato, coglierne il significato nel quadro globale della personalità del giovane, affinché, conoscendosi e integrando gli obiettivi pro pri della vocazione umana e presbiterale, giunga a un’armonia generale". Dunque i vescovi italiani dicono 'no' ad una bocciatura a priori dei candidati al sacerdozio attratti da persone dello stesso sesso. La condizione resta quella della castità. Le linee guida, infatti, specificano che "l’obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell'ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato". D'altra parte, non solo quelli con tendenze omosessuali ma tutti i candidati al sacerdozio sono obbligati alla regola del celibato e alla castità assoluta.

Le direttive vaticane

Prima di oggi, il documento a cui le conferenze episcolali devono attenersi sull'argomento era l'istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica risalente al 2005 e poi confermata nei contenuti dalla Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis approvata da papa Francesco nel 2016. Questo documento prevedeva come regola quella di non "ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay" e aggiungeva che anche se le tendenze omosessuali "fossero solo l'espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un'adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell'Ordinazione diaconale". L'istruzione, inoltre, sentenziava che "le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate".

Il nuovo testo della Cei, però, ha ottenuto l'approvazione della Santa Sede mediante decreto del Dicastero per il Clero.

Annunciando il documento, i vescovi italiani ci hanno tenuto a rivendicare di aver recepito "la richiesta emersa nel Cammino sinodale di allargare la condivisione dell’opera formativa dei seminaristi, coinvolgendo la comunità ecclesiale e invitando a pensare creativamente le forme di collaborazione possibili con particolare riguardo alla figura femminile".

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